
Illegalità al lavoro per un lombardo su 4
Un lombardo su quattro è venuto a conoscenza di "fatti di illegalità nel mio abito lavorativo". Per il 6,59% si tratta di "atti generalmente riconducibili al fenomeno mafioso" come intimidazioni, minacce e violenze. Le infiltrazioni mafiose nei luoghi di lavoro lombardi sono state scandagliate, per la prima volta, da un questionario distribuito dalla Cgil nell’ambito della ricerca condotta dall’osservatorio Cross della Statale. Hanno risposto ai 22 quesiti in 18.733, tra lavoratori, disoccupati e pensionati (il 26% residenti nella Città metropolitana di Milano). E il quadro che emerge è allarmante.
Considerando il 24,29% del campione che si è detto testimone, diretto o indiretto, di "illegalità" nel proprio ambito lavorativo, il 7,42% segnala "pratiche corruttive di funzionari pubblici e/o dirigenti dell’azienda". Per il 2,38% la presenza di soci occulti è un pesante sospetto, con la conseguente consapevolezza di lavorare per un’impresa controllata di fatto da organizzazioni criminali. Poi c’è il corollario di reati e violazioni delle norme che tutelano i lavoratori: caporalato e "forme di sfruttamento equiparabili" (4,71%), mancato rispetto dei contratti (7,64%), mancato rispetto delle norme fiscali o contributive (7,65%). Dati che fotografano la presenza capillare dei clan nel sistema economico, e sono una base per futuri studi e rilevazioni. "Il sapere dell’università e il sapere del sindacato si sono incontrati – sottolinea Nando dalla Chiesa – saldandosi con le rispettive forme di impegno civile".
Andrea Gianni