REDAZIONE MILANO

Il vittimismo e la società isterica

La famiglia, sempre lei. Approdo frequentissimo a teatro. Con le mura domestiche che il più delle volte assumono i contorni dell’incubo. O qualcosa del genere. Succede anche con “La Fabbrica degli Stronzi“, da martedì in Sala Bausch dell’Elfo Puccini. Ma in questo caso la riflessione va un po’ oltre. E accompagna per mano in una società contemporanea isterica, meschina. Dove le colpe di quello che succede vengono sempre attribuite a qualcun altro. Compresa mamma, ovviamente. La cui salma giace lì, in mezzo al palco. Coi tre figli impegnati a lavarla, truccarla e vestirla per il funerale. Ripercorrendo intanto piccoli episodi del passato. Storie irrilevanti. Ma raccontate come terribili abusi. Il modo migliore per alimentare il proprio ruolo di vittime. E proseguire un’esistenza impermeabile alle responsabilità. Insomma, sguardo feroce quello proposto da Kronoteatro e Maniaci d’Amore, qui a firmare insieme la regia di un progetto che unisce due compagnie molto seguite negli ultimi anni. Certo differenti. Ma accomunate da una tensione elettrica verso il presente. In scena i componenti storici dei due gruppi, ovvero Tommaso Bianco e Maurizio Sguotti insieme a Francesco d’Amore e Luciana Maniaci. Con quest’ultimi a firmare anche un testo ramificato, ispirato a saggi recenti come “Critica della vittima“ di Daniele Giglioli o “La società senza dolore“ di Byung-chul Han. Riferimenti solidi. Su cui dibattere. Dove emerge il desiderio di indagare il vittimismo dilagante con sguardo livido, divertito, a volte surreale.

Diego Vincenti