Riccardi
Il debito pubblico di per sé non rappresenta un problema se, come dicono gli economisti, è compatibile. Rinnovare le scadenze con nuove emissioni e pagare gli interessi a maturazione. Oltre ad avere un corretto rapporto debito/Pil. Le entrate da fatturato (Pil) del Paese, se sono inferiori alle uscite, comprensive di interessi, incrementano il debito. Diciamo, per completezza che quello pubblico mondiale è stimato, nel 2024, a centomila miliardi di dollari. Con trend preoccupante in crescita.
Non sfugge l’Europa, spesso insensibile ad uno stato di salute precaria di un suo membro (Grecia docet), con ricadute negative nello intero Continente. In particolare lo Stivale, importante Paese esportatore soprattutto nel Mec subirebbe recessione ed austerità che dovessero colpire una Nazione continentale. L’austerità è considerata un fenomeno pernicioso soprattutto per ceti medi e poveri, costretti a maggiori sofferenze. Il problema è di attualità in Germania che, nella Costituzione, vieta di aumentare l’indebitamento se non in una piccola percentuale indicata per legge. Il debito accumulato, per incentivare l’economia con gli investimenti relativi, è considerato buono se nel tempo avrà un ritorno adeguato. Cattivo se utilizzato per improduttive spese correnti. L’Italia ha un debito che si sta avvicinando a 3.000 miliardi di euro, controbilanciato da oltre 6.000 miliardi da risparmio globale. Che va tutelato perché frutto di sacrifici tassati due volte. Va data la massima attenzione al gruzzolo. Il risparmio è il motore della crescita. Senza seguire sirene ideologiche negative e ridicole. Il debito va comunque debellato evitando ulteriori imposizioni. Deleterie. Il futuro diventa sempre più imprevedibile. Per farvi fronte occorre fieno in cascina. Rendere liquida e produttiva la grande ricchezza storica culturale che nessuno possiede nel mondo in proporzioni così rilevanti. Le formule ci sono.