Poliziotto con il doppio lavoro: è direttore di sala in un ristorante. Il questore gli taglia lo stipendio

Milano, l’assistente capo è stato "pizzicato" in cassa e ai tavoli dagli investigatori della Digos. Trovati nel locale i cartelloni con la scritta "sconto polizia".

Il poliziotto con il doppio lavoro  "Direttore di sala in un ristorante"  Il questore gli taglia lo stipendio

Il poliziotto con il doppio lavoro "Direttore di sala in un ristorante" Il questore gli taglia lo stipendio

Poliziotto e direttore di sala in un ristorante. Il doppio lavoro è costato la sanzione pecuniaria di 1/30 dello stipendio, comminata dal questore Giuseppe Petronzi il 13 giugno scorso. L’assistente capo ha impugnato l’addebito disciplinare al Tribunale amministrativo, ma nei giorni scorsi i giudici hanno confermato il provvedimento di via Fatebenefratelli e respinto il ricorso. E proprio leggendo le motivazioni della sentenza si scopre una storia finora inedita. Stando a quanto ricostruito, il poliziotto è stato "pizzicato" dai colleghi della Digos nella doppia veste di direttore di sala e addetto alla cassa in un ristorante di cui risulta socio al 50% con un’altra persona che svolge il ruolo di amministratore unico.

Una condotta vietata, visto che una circolare del Viminale datata 2 marzo 2016 ha chiarito che "la semplice partecipazione societaria per un appartenente ai ruoli della Polizia di Stato non è preclusa, a condizione che si limiti all’esercizio dei diritti e all’assolvimento dei doveri legati alla mera qualità di socio e non si concretizzi, invece, in compiti di gestione diretta della persona giuridica". Di più: nel ristorante, sono stati trovati cartelloni "pubblicizzanti i locali di cui il ricorrente è comproprietario, con specificazione degli sconti riservati al personale della Polizia di Stato". Dal canto suo, l’assistente capo ha contestato l’addebito, sostenendo che in quell’occasione il socio avrebbe chiesto a lui, che stava cenando nel locale con la famiglia, "di provvedere, in via del tutto eccezionale e a titolo di pura cortesia, a vigilare sulla cassa durante il periodo della sua assenza". Inoltre, ha "accusato" i colleghi della Digos di aver "agito come veri e propri “agenti provocatori”, fingendosi clienti" per indurlo "a commettere un’infrazione disciplinare, che fino a quel momento non aveva commesso". E ancora: il poliziotto si è detto "totalmente estraneo all’affissione" degli avvisi per lo "sconto polizia". Una linea respinta in toto dal Tar. I giudici hanno ravvisato "una precisa ingerenza nella gestione, richiesta dall’amministratore unico, che ha incaricato il ricorrente in qualità di socio della gestione dei beni sociali, sia pur per breve tempo".

Per quanto riguarda le indagini effettuate dalla polizia, "non si comprende – argomenta il Tribunale – perché l’amministrazione di polizia non dovrebbe utilizzare il personale e i mezzi in suo possesso per controllare il rispetto degli obblighi di servizio da parte del personale e il rapporto di fiducia con l’amministrazione, anche alla luce del fatto che l’esercizio di attività d’impresa in luogo aperto al pubblico da parte di funzionari di polizia, con l’utilizzo anche del logo della Polizia, comporta un disdoro per l’amministrazione facilmente percepibile dai cittadini". Conclusione: resta la sanzione pecuniaria, che potrebbe precludere al poliziotto punito avanzamenti di carriera e concorsi interni.

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