
Il Politecnico indaga Macchie in agguato sul Codice Atlantico Nel mirino colle e smog
di Simona Ballatore
Da una decina d’anni ci sono macchie e segni d’annerimento su circa 210 passepartout che incorniciano i “folii“ del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. Macchie che preoccupano la Veneranda Biblioteca Ambrosiana - sua custode dal 1637 - e gli esperti di tutto il mondo. "Un fenomeno che interessa una porzione della carta moderna, ma vicinissima al foglio Leonardesco", premette la professoressa di Chimica del Politecnico di Milano, Lucia Toniolo, che dal 2021 ha avviato le indagini, analizzando con la sua squadra il Foglio 843 e svelando informazioni (appena pubblicate su Scientific Reports) che saranno utilissime per proseguire gli studi e proteggere un capolavoro inestimabile.
Trovati i finanziamenti necessari, i curatori della Veneranda Biblioteca Ambrosiana hanno contattato la professoressa che da trent’anni si occupa di scienze e tecniche applicate al patrimonio culturale. A lei e al suo team era stato affidato, fra gli altri, il cartone di Raffaello in Ambrosiana a Milano, come pure il monitoraggio della Pietà Rondanini al Castello Sforzesco. Ma appena è arrivata la chiamata per un Leonardo l’emozione si è fatta sentire forte, come il senso di responsabilità: "Ogni micron quadrato è importantissimo".
La task-force del Politecnico ingaggiata per risolvere il caso è formata da cinque persone, tra cui la collega Daniela Comelli del dipartimento di Fisica. A loro è stato affidato il figlio 843, col passepartout, aggiunto nel restauro effettuato dal Laboratorio del Libro Antico dell’Abbazia di Grottaferrata tra il 1962 e il 1972. Proprio l’843 perché era già stato studiato anche dall’Istituto centrale per il Restauro di Roma e da altri gruppi di ricerca specializzati in microbiologia applicata ai Beni culturali. "Già sapevamo che potevamo escludere abbastanza con certezza un attacco microbiologico": il punto di partenza per esplorare altre possibili cause, "perché altrimenti è difficile capire le azioni di tutela e conservazione". A complicare lo studio la scala del fenomeno: "Parliamo di particelle inorganiche tondeggianti, del diametro di 100-200 nanometri, composte da mercurio e zolfo", spiega l’esperta, che ha dato prima di tutto il via alle indagini non invasive, con tecniche di imaging a livello molto dettagliato, in luce sia visibile che ultravioletta. "Abbiamo potuto studiare così la carta e il margine, punto di giunzione con il passepartout che era stato montato e incollato negli anni Settanta". Tra la carta leonardesca e la carta moderna c’era un bordo con una fluorescenza particolare. "Questo ci ha permesso di individuare le zone critiche in cui il fenomeno era particolarmente significativo - continua Toniolo -. Poi il restauratore ha smontato con molta cautela e sollevato lentamente i lembi che erano incollati per darci un campione, una piccola strisciolina del pacchetto di carta del passepartout, e sono state individuate tre zone: dove l’annerimento era particolarmente istenso e dove era, via via, meno aggressivo".
Campioncini approdati nel laboratorio Materiali e Metodi per il Patrimonio Culturale del Politecnico per indagini più accurate. E nel mirino è finita la colla, anzi la miscela di colle, d’amido e vinilica, dove sono stati addizionati sali di mercurio proprio per evitare un deterioramento da microorganismi. "E noi riteniamo - spiega la professoressa - che l’origine del fenomeno di annerimento sia da attribuirsi proprio alla colla". Resta il mistero dello zolfo. "Il Codice Atlantico è sempre stato conservato in ambiente controllato - ricorda Toniolo -. Ma un’ipotesi l’abbiamo: in quegli anni a Milano c’erano un inquinamento atmosferico e livelli da biossido di zolfo molto importanti nell’aria. E potrebbe averne risentito anche questo manufatto, difficile pensare ad altre sorgenti". Il tema resta aperto, come gli studi, mentre al vaglio c’è anche la sostituzione di quei passepartout degli anni Settanta, chiamati a proteggere l’antico codice quattrocentesco ma che potrebbero avere nascosto insidie a "una delle opere più eccezionali del nostro patrimonio culturale, testimonianza assoluta del genio di Leonardo - conclude Lucia Toniolo –. Ancora tanti studiosi si avvicinano a questi scritti facendo continue nuove scoperte. Abbiamo il dovere di conservarli per le future generazioni".