REDAZIONE MILANO

Il paradosso burocratico. Titoli esteri, silenzio a Roma: "Esclusi dai posti pubblici"

Ritardi del Ministero per riconoscere le qualifiche in Albania, troppe istanze. La rabbia dell’infermiera: "Lavoro in regola dall’epoca Covid, diritti calpestati".

Per infermieri stranieri che lavorano in Italia si alzano ostacoli Ritardi del ministero nel riconoscere i titoli di studio all’estero

Per infermieri stranieri che lavorano in Italia si alzano ostacoli Ritardi del ministero nel riconoscere i titoli di studio all’estero

Quando prova a chiamare al centralino del ministero della Salute per avere informazioni sulla sua pratica la mettono in attesa, e infine cade la linea. Dal 3 ottobre 2023, data di presentazione della domanda per il riconoscimento del titolo di studio e della qualifica conseguita in Albania, l’infermiera 27enne A.A. attende una risposta da Roma. Oltre un anno nel limbo della burocrazia, barriera che non le permette di partecipare a concorsi e lavorare in quelle strutture sanitarie pubbliche alla continua ricerca di figure professionali come la sua. "Mi sono trasferita in Italia dall’Albania nel 2021 – racconta – in un periodo di emergenza sanitaria legata alla pandemia, e da allora ho sempre lavorato regolarmente in Rsa private accreditate prima in Puglia e poi in Lombardia. Pago le tasse in Italia e chiedo che i diritti vengano rispettati, non solo nel mio caso ma anche in quello di tanti altri stranieri che stanno vivendo situazioni analoghe. Lavorare in un ospedale pubblico – prosegue – sarebbe un avanzamento professionale e un’esperienza che mi permetterebbe di crescere. Senza una risposta dal ministero, però, è impossibile tentare questa strada". Una situazione paradossale, perché nel frattempo gli ospedali lombardi sono sempre più in sofferenza per la carenza di organico e per le difficoltà nel reclutare nuove risorse, anche per la concorrenza delle vicine strutture sanitarie svizzere che offrono stipendi molto più alti. Il 3 ottobre 2023 A.A., che chiede di mantenere l’anonimato per evitare ripercussioni sul lavoro, ha inviato al ministero della Salute una pratica di 48 pagine, con tutti i documenti tradotti a sue spese dall’albanese all’italiano, come prevede la prassi. Il titolo di studio da infermiera all’università pubblica dell’Albania, seguito da un master in materia infermieristica all’università Fan S. Noli nel campus di Korçë, conseguito il 29 settembre 2021.

Un attestato firmato dal presidente dell’Ordine degli infermieri dell’Albania certifica l’iscrizione della 27enne con relativa "licenza per l’esercizio della professione secondo la legislazione vigente" e che "non è soggetta ad alcun provvedimento o penalità professionale". La donna chiede che titoli di studio e qualifiche vengano riconosciute in Italia ma non ha ancora ricevuto risposte, positive o negative. La stanno aiutando una sindacalista Cisl e anche un legale, l’avvocato milanese Piero Porciani, che ha scritto al ministero nel tentativo di sbloccare l’impasse. Gli uffici hanno risposto confermando che la pratica pervenuta il 3 ottobre 2023 è stata acquisita ma, all’epoca, "in considerazione della numerosità delle istanze" non era stata ancora assegnata. Non resta, quindi, che attendere il verdetto.

"È assurdo – spiega il legale – perché di fronte a ospedali che non riescono a trovare personale si creano ostacoli per lavoratori che sono già in Italia con i documenti in regola e potrebbero dare il loro contributo al sistema sanitario pubblico. Mi farebbe piacere sapere quanto costa, tutto questo, allo Stato italiano". Non è un caso isolato, perché si allungano le code di stranieri, provenienti soprattutto dall’Albania o da Paesi dell’Est Europa, in attesa del riconoscimento ministeriale. "Si tratta di un iter burocratico assurdamente lungo – spiega Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia, la principale organizzazione di categoria del settore sociosanitario – e i ritardi anche di mesi sono purtroppo frequenti. Il sistema formativo albanese è valido e sovrapponibile a quello italiano, quasi tutti conoscono l’italiano, e da quel Paese il nostro sistema sanitario attinge importanti risorse".

Andrea Gianni