
Parla per la prima volta Franco Tramontano, padre di Giulia, la 29enne, al settimo mese di gravidanza, uccisa lo scorso 27 maggio a Senago, dal compagno reo confesso Alessandro Impagnatiello. Lo ha fatto in occasione dell’intitolazione a Giulia e Thiago, il figlio che portava in grembo, della stanza d’ascolto per le vittime vulnerabili aperta nel commissariato della Polizia di Stato di Castrovillari, in provincia di Cosenza. "Giulia è morta perché voleva un bambino. Voleva crearsi una famiglia. Ha creduto nell’amore. Questo è quello che noi vogliamo dire di Giulia, non aggiungiamo altro", commenta visibilmente commosso. Lui e la famiglia di Giulia in questi mesi non hanno mai voluto commentare quanto accaduto. Nessuna dichiarazione, nessun commento contro l’uomo che ha ucciso la figlia e il piccolo Thiago con 37 coltellate e che nei mesi precedenti aveva tentato di avvelenarla prima con il topicida e poi con bromadiolone, anticoagulante tra i più tossici. La stanza inaugurata è stata realizzata grazie alla generosità di due cittadini di Castrovillari, Giuseppe Molino e Innocenzo Barletta, che hanno donato una somma di denaro trovata in una busta chiusa della quale non si è riusciti a risalire al proprietario. All’interno della stanza Giulia e Thiago è stato realizzato un murales dall’artista Antonino Perrotta e dell’associazione Rublanum. "Diciamo basta ai femminicidi - ha detto il vescovo di Cassano allo Ionio, monsignor Francesco Savino -. Lo dico a tutti gli uomini. Dobbiamo educarci tutti quanti al senso della non appartenenza. La donna non ci appartiene, appartiene a se stessa, alla vita. Sono contento di questa inaugurazione perché è importante la memoria, non soltanto perché dobbiamo ricordare le vittime, ma dobbiamo anche ricordare perché non ci siano più vittime". La prefetta di Cosenza Vittoria Ciaramella ha sottolineato, "dedicare una sala d’ascolto a una ragazza uccisa da un criminale può far sì che un papà, oggi è presente, possa avere contezza che la figlia abbia continuità nel ricordo di tante altre persone per evitare che casi del genere possano nuovamente verificarsi".Roberta Rampini
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