
"Collaborazione", dice l’assessore regionale alla Ricerca Alessandro Fermi, è la parola chiave del sesto “Nobelino” lombardo assegnato ieri alla Scala nell’anniversario settimo della morte del professor Umberto Veronesi. A Paolo Veronesi, figlio e presidente della Fondazione creata dal Prof vent’anni fa, ormai tocca raccontare agli studenti che affollano il teatro chi fosse suo padre, mentre non c’è bisogno alcuno di spiegar loro chi sia Gerry Scotti, ma questa sesta Giornata della Ricerca che parte altissima con la tromba di Paolo Fresu e Frida Bollani Magoni al piano a reinterpretare Life on Mars di David Bowie per finire nell’ultrapop col ballerino Mattia Zenzola, vincitore di Amici, racconta soprattutto il ruolo decisivo del lavoro di più mani e più cervelli nel progresso.
Non solo perché i vincitori, i pionieri americani dell’immunoterapia contro i tumori Steven A. Rosenberg e Carl H. June, hanno scelto di destinare quel 70% del premio da un milione di euro che deve essere investito in Lombardia a costruire una collaborazione permanente tra il centro di Philadelphia e una rete promossa dagli Irccs pubblici Istituto dei tumori, San Matteo di Pavia e San Gerardo di Monza per sviluppare le terapie CAR-T. La stessa storia delle scoperte per cui la giuria di 14 scienziati li ha scelti racconta la collaborazione che è alla base del metodo scientifico, spiega in video dai National Institutes of Health di Bethesda, Maryland, Rosenberg che nel lontano ’74 ha iniziato a lavorare su una terapia anticancro alternativa per malati che non reagivano alla chirurgia, alla chemio e alla radio, puntando sul sistema immunitario, cioè sull’indirizzamento della capacità d’autodifesa dell’organismo, e riuscendo a dimostrarne le potenzialità nella cura di pazienti con melanoma.
Poi June, oggi professore all’università della Pennsylvania, è riuscito a ingegnerizzare le cellule T (grazie a una scoperta italiana, i vettori derivati dal virus Hiv sviluppati da Luigi Naldini del San Raffaele), creando le CAR-T e arrivando all’approvazione di due terapie contro la leucemia linfoblastica acuta e il linfoma diffuso a grandi cellule B. Un percorso per niente in discesa, ha ricordato June dal palco, negli Usa del 2009 travolti dalla crisi dei subprime che aveva azzerato le possibilità già scarse di trovare investitori: "Ho dovuto licenziare un terzo dei ricercatori, abbiamo deciso di pubblicare comunque i risultati su tre pazienti. Altri hanno visto che funzionava e siamo riusciti ad andare avanti". A cambiare tutto, nel 2012, la guarigione di Emily Whitehead, che aveva sette anni e la leucemia: la prima bimba curata con le CAR-T oggi è una matricola all’università della Pennsylvania.
"Collaborazione" è stato il carburante anche per le invenzioni vincitrici dei premi “Lombardia è ricerca” agli studenti superiori (da 15mila, 10mila e 5 mila euro, più cinquemila per le scuole). Al terzo posto il centro di salute mentale creato nel metaverso da 24 ragazzi dello scientifico Vittorio Veneto di Milano. Al secondo, il tutore progettato da dieci studenti dell’Iss Viganò di Merate per Claudio, un bimbo di quattro anni cui una paralisi cerebrale infantile ha impedito di vedere, parlare e muoversi: è un guanto che sfrutta il tatto e l’udito per stimolarlo e farlo giocare. Primo classificato, il calciobalilla per persone che non riescono a usare gli arti superiori progettato insieme a due compagni del tecnico Facchinetti di Castellanza da Jerry (con la J) partendo dalle esigenze di chi, come lui, ha una tetraparesi distonica di tipo spastico: "Uno dei miei motti è non arrendersi al primo ostacolo".
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