
di Massimiliano Mingoia
È l’architetto che, insieme ad Antonio Citterio, ha disegnato la nuova Torre A2A di piazza Trento (e il Ponte di Expo, Gioia 20 e Symbiosis) e concorre con un progetto per la riqualificazione di piazzale Loreto. Patricia Viel ci racconta la sua idea sul futuro di Milano, ipotizza una città a 30 kmh all’ora e dice stop al consumo di suolo.
Architetto Viel, la nuova Torre A2A sarà la prima pietra di una riqualificazione del quartiere che proseguirà con il Villaggio olimpico nell’ex scalo Romana e l’asse pedonale via Crema-Fondazione Prada?
"Una delle ragioni che hanno portato a selezionare il nostro progetto di Torre Faro A2A è stata proprio quella di liberare suolo e concentrare le funzioni in un edificio alto per supportare il progetto di rigenerazione di piazza Trento e di pedonalizzazione di una parte di via Crema. La nuova Torre sarà la porta di accesso da nord a sud".
Gli sviluppatori dell’ex scalo – Coima, Covivio e Prada – puntano su un "quartiere modello". Obiettivo realistico?
"Ci sono tutti i fattori per raggiungere l’obiettivo. È un quadrante della città denso di attività urbane diverse tra loro. C’è la cultura (Fondazione Prada), ci sono il terziario e la ricerca (Symbiosis), c’è lo sviluppo residenziale nelle immediate vicinanze, ci sarà un ampio spazio pubblico nell’ex scalo. Ed è un’area che, pur essendo considerata un quartiere di cintura, in realtà è molto vicina al centro storico ma è anche a un passo dal Parco Sud. Si creerà un paesaggio urbano intenso che collegherà centro e periferia".
Con il primo grattacielo nella zona sud di Milano...
"È così. La vorremmo chiamare Torre Faro proprio per questo".
Lei e Citterio puntate a riqualificare anche piazzale Loreto.
"Piazzale Loreto è un progetto speciale perché per ora non è una piazza. Noi crediamo che diventerà un autentico laboratorio di verifica e di controllo dell’evoluzione della città".
Quali sono gli altri luoghi di Milano che meriterebbero un ampio piano di riqualificazione?
"Porto di Mare e Bovisa. Lì potrebbero essere creati dei modelli innovativi di vita pubblica. Per Porto di Mare si è parlato di un “pleasure park’’ ricco di attività, dallo sport agli spettacoli. Bovisa è un’altra area promettente perché ci sono grandi attori, dal Politecnico alle Ferrovie".
Covid e crisi economica. Il Comune delinea una città “a 15 minuti’’. È la direzione giusta?
"Milano a 15 minuti vuol dire città policentrica che consenta un utilizzo del tempo non principalmente occupato da spostamenti. Ma il cittadino dovrà avere varie opzioni: potrà stare a 700 metri da casa in una sede di coworking ma andare pure in centro a visitare un museo. In questa situazione di emergenza ci si preoccupa molto per il centro vuoto, ma la situazione cambierà. I turisti e i milanesi torneranno a frequentarlo".
Mobilità. Il Comune ha accelerato su piste ciclabili e Zone 30. Cosa si può fare ancora in questa direzione?
"Il problema di Milano è dove mettere le auto, che in futuro saranno meno rilevanti nella vita quotidiana delle persone ma il cui possesso è ancora un indicatore di benessere. Servono spazi dove sistemare le macchine per liberare spazio pubblico".
A proposito di Zone 30, lei in passato ha ipotizzato una Milano con il limite di 30 kmh.
"La velocità media delle auto a Milano non è molto superiore. Passare da 50 a 30 kmh ha due obiettivi: rendersi conto che prendere l’auto per fare un chilometro e mezzo ha poco senso e che le strade vanno condivise con ciclisti e pedoni".
A Milano ci sono state tante polemiche sulla pista ciclabile di corso Buenos Aires.
"Io dico che le piste ciclabili vanno benissimo. Bisogna farne altre. Il fatto che creino disagio è un’ottima cosa, vuol dire che intervengono sulle abitudini. Per me non c’è partita: meglio favorire un ciclista che un automobilista che si lamenta perché fa fatica a parcheggiare".
Sviluppo urbanistico. Manfredi Catella di Coima di recente ha detto che a Milano non è più tempo di nuove costruzioni ma di recupero degli immobili esistenti. Sarà così?
"Sì, per diverse ragioni, prima di tutto demografiche. Lo stop al consumo di suolo deve essere affermato in termini radicali".