REDAZIONE MILANO

Il dolore e la rabbia dei colleghi: "Ora la sua famiglia va aiutata". La Cgil: colpa di un sistema malato

Preghiere, riflessioni e il video choc del disperato tentativo di soccorrerlo: porteremo la salma in Pakistan. Il fattorino-pendolare dal Comasco sosteneva i parenti nel Paese d’origine. Per loro zero indennizzi.

Un presidio organizzato dalla Nidil a Milano per chiedere diritti e tutele per lavoratori ultraprecari

Un presidio organizzato dalla Nidil a Milano per chiedere diritti e tutele per lavoratori ultraprecari

di Andrea GianniMILANOPreghiere in lingua urdu e messaggi di cordoglio, la proposta di organizzare un momento di raccoglimento, rabbia per le condizioni di lavoro e per la corsa senza sosta innescata dal lavoro pagato a cottimo. Nelle chat dei rider circola un video straziante, realizzato da un altro ciclofattorino presente quando è avvenuto l’incidente: il corpo di Muhammad Ashfaq, 44 anni, in una pozza di sangue, i disperati e vani tentativi dei soccorritori di rianimarlo dopo l’impatto con un’auto in zona Porta Romana. La sua bicicletta elettrica rimasta a terra ad alcuni metri di distanza, così come il box giallo portavivande della piattaforma delle consegne a domicilio Glovo.

Muhammad viveva a Cantù, nel Comasco, e da alcuni anni lavorava come rider a Milano, guadagnando quei soldi necessari per sostenere i familiari rimasti in Pakistan. Uno dei tanti fattorini-pendolari, che ogni giorno si spostano con i mezzi pubblici per raggiungere il capoluogo. Alcuni amici si stanno organizzando attraverso il consolato per il trasporto della salma in Pakistan, dove verranno celebrati i funerali. "Si tratta di un infortunio mortale sul lavoro – spiega Andrea Bacchin, funzionario della Nidil-Cgil – ma in questa forma ultraprecaria di impiego i familiari rimasti all’estero rischiano di rimanere senza alcun indennizzo, dopo aver perso la loro fonte di sostentamento. Mi era capitato di incontrare Muhammad Ashfaq, in passato, durante le nostre iniziative nei luoghi di ritrovo dei rider per cercare di entrare in contatto con loro e offrire aiuto nella totale assenza di diritti. Questo incidente è la conseguenza di un modello di lavoro profondamente sbagliato".

La Nidil Cgil di Milano, in una nota, parla di responsabilità che "vanno ricercate nei meccanismi di questo sistema malato". Un sistema, spiega il sindacato, "che costringe a incessanti corse, sotto il ricatto di non riuscire a guadagnare abbastanza per vivere con dignità. Un modello organizzativo che si è già rivelato iniquo e squilibrato per i lavoratori, ma che continua a generare l’illusione di poter ottenere grandi guadagni, se solo si è disposti a sacrificare qualcosa in più: del proprio tempo, delle proprie risorse, della propria salute". La schiavitù del cottimo e dell’algoritmo, un modello "incompatibile con il rispetto delle regole per la sicurezza sul lavoro", aziende che si chiamano fuori dalle responsabilità e spingono a pedalare anche con condizioni meteo estreme, periodi di picco per le app delle consegne. "Che futuro può avere un settore che basa sul lavoro povero e precario – riflette il sindacato Deliverance Milano –, sullo sfruttamento e il caporalato digitale, i propri margini di guadagno? Come è possibile anche solo pensare per un momento che questo sistema, sia giusto o accettabile?"