Il 23% dei ragazzi non studia né lavora

È quanto emerge dalla ricerca condotta tra i giovani dai 14 ai 29 anni da Istituto Toniolo, ministero e Anci

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di Chiara Zennaro

"La scuola ha un ruolo chiave per evitare l’abbandono e la dispersione scolastica e deve riuscire a indirizzare i giovani già da bambini a non perdere la fiducia nel sistema occupazionale. Dobbiamo intervenire in maniera anticipata e accompagnare i ragazzi attraverso un percorso di studio o di specializzazione". Così Fabiana Dadone, ministra per le Politiche Giovanili, commenta la condizione di inoccupazione dei giovani italiani. La percentuale di Neet (acronimo che sta per: “not in education, employment or training“) ovvero i ragazzi tra i 14 e i 29 anni che non lavorano e non studiano in Italia è del 23,3%, contro la media europea del 13,7%.

Ed è proprio di questa categoria che si occupa lo studio "Intercettare i Neet: strategie di prossimità" realizzato dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, coordinato con il Ministero per le Politiche giovanili e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).

Per la ricerca sono stati individuati tre gruppi diversi di Neet a Genova, Bari, Giugliano in Campania e Torino: giovani laureati e diplomati che cercano lavoro, ragazzi scivolati nell’area grigia tra precarietà e non lavoro, giovani che non ci credono più, con situazioni familiari problematiche o scoraggiati da esperienze negative. Dopo aver raccolto le informazioni sulle iniziative a favore dei Neet da parte dei Comuni, sono stati intervistati 8 testimoni per ciascun Comune, impegnati per i progetti rivolti ai Neet, e, infine, sono stati creati 7 focus group con alcuni giovani sia nella condizione di Neet che non-neet.

"Ciò che è emerso da questo studio è che “Garanzia Giovani“ (l’iniziativa europea nata per fronteggiare le difficoltà di inserimento lavorativo e la disoccupazione ndr) è molto poco conosciuta, soprattutto al Sud – svela Elena Marta professoressa ordinaria dell’Università Cattolica –. Abbiamo avuto conferma delle difficoltà degli stessi Comuni ad intercettare i Neet. C’è anche una forte presenza sui territori di realtà che lavorano anche molto bene con i Neet ma che poi fanno fatica a lavorare in sinergia".

Lo studio mostra anche che molti giovani sono impiegati in attività di lavoro in nero, spesso sottopagato, che loro percepiscono come condizione migliore anche rispetto a un contesto formativo, che sembra riportarli indietro. "Sicuramente c’è una difficoltà da parte della scuola nel fornire una lettura del mondo del lavoro e orientare i ragazzi – continua Marta –. I ragazzi hanno esplicitato la necessità di un aiuto psicologico". Dal progetto, inoltre, emerge che quello che serve per fronteggiare la situazione dei Neet è la costituzione di una rete che coinvolga la gran parte degli attori che si occupano dei giovani, un presidio, un luogo fisico per i giovani, la costituzione di gruppi per i ragazzi, come una palestra di attivazione di risorse. "I neet non sono un problema da risolvere. Sono un’opportunità che il Paese ha per investire sul proprio futuro – aggiunge Simone Romagnoli di #UnoNonBasta –. L’ascolto del territorio è necessario, perché non c’è un’unica soluzione per tutti. I giovani devono essere accompagnati fin dalla nascita non si può aspettare che abbiano 18 anni".

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