I precari dello sport: "Dai Giochi invernali spinta verso diritti e tutele"

L’appello di lavoratori che guadagnano, in media, meno di settemila euro l’anno. Paghe da fame dove si coltivano talenti: "Passi avanti ma non è sufficiente".

I precari dello sport: "Dai Giochi invernali spinta verso diritti e tutele"

I precari dello sport: "Dai Giochi invernali spinta verso diritti e tutele"

di Andrea Gianni

All’apice c’è il mondo che ruota attorno a campioni dai compensi stellari, come Jannik Sinner. Alla base della piramide un esercito di lavoratori che ogni giorno fanno funzionare piscine, palestre, società sportive dilettantistiche fucine per i campioni di domani e terreno per coltivare talenti. Lavoratori che, in piena pandemia, nel 2020, avevano protestato presentandosi davanti al Meazza con i loro abiti di servizio: cuffia, costumi e occhialini, kimono, pantaloncini o scarpe da tennis. Un esercito di "invisibili", venuto alla luce per chiedere diritti e tutele, che solo a Milano conta circa 10mila lavoratori, da chi vive di sport a chi invece studia o ha un altro impiego e arrotonda con lezioni private e allenamenti. Con il conto alla rovescia verso le Olimpiadi invernali del 2026, che trasformeranno la Lombardia nella capitale dello sport, chiedono una svolta su diritti e tutele. "La riforma del lavoro sportivo è stato un punto di partenza – spiega Lucia Anile, del coordinamento nazionale Nidil-Cgil – ma non è sufficiente e ci sono diverse correzioni che si potrebbero apportare. Intanto i compensi sono ancora troppo bassi: un collaboratore sportivo percepisce, in media, settemila euro l’anno".

Un tema oggi al centro di un seminario organizzato dalla federazione di Milano di Rifondazione Comunista nella sede in via Vallarsa 2. Si discute infatti di "precarietà, sostenibilità economica ed ecologica dei giochi Milano Cortina 2026". Diritti per chi lavora alla costruzione delle infrastrutture e anche per chi fa funzionare la macchina dello sport: "In che modo possiamo gioire per una medaglia, quando gli operatori che sui territori provano a garantire a noi e alle nostre figlie e figli il diritto di praticare le varie attività sportive, vengono pagati una miseria e restano precari a vita?". La riforma ha messo, almeno in parte, ordine nella giungla, e le collaborazioni possono assumere due forme: lavoro sportivo regolato da un contratto o volontariato puro. Una rivoluzione per atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi e preparatori atletici, che possono essere inquadrati con un co.co.co con tutele previdenziali e in materia di malattia, infortunio, gravidanza, maternità, genitorialità, disoccupazione involontaria (Naspi), salute e sicurezza. Restano però ampi margini di incertezza, in un mondo dove convivono micro-società di quartiere che lottano per la sopravvivenza, grossi impianti privati e catene nazionali.