I pendolari di notte sul bus Milano-Saronno

Maurizio, 40 anni: "Inizio di mattina e torno a casa all’una, i giovani fanno bene a non accettare certi lavori"

La giornata lavorativa di Maurizio inizia alle 11.30, quando prende servizio in un ristorante sui Navigli. Fino alle 14.30 serve ai tavoli, quando gli ultimi clienti se ne vanno aiuta a pulire e a preparare il locale per l’apertura serale. Trascorre il pomeriggio sulle panchine al parco, riposando gambe e schiena in attesa del turno della sera, "il più faticoso". Dalle 19 alle 23 a fare la spola fra cucina e tavoli. Poi corre alla stazione Cadorna. Incontriamo Maurizio, 40 anni, che chiede di essere citato solo con il nome di battesimo, a bordo dell’autobus notturno che collega Milano a Saronno, attraversando la periferia Nord e le cittadine dell’hinterland. Unico mezzo per tornare a casa, per chi non ha l’auto, da quando Trenord ha ridotto i treni serali. Con lui ci sono tanti altri lavoratori pendolari della notte, quasi tutti uomini. Facce stanche dopo una giornata di lavoro, spesso in piedi sotto il sole, che inizia di mattina e finisce molto dopo il tramonto.

Guardie giurate e rider, camerieri di ristoranti del centro, dipendenti di imprese di pulizie che si mettono all’opera quando uffici e negozi chiudono i battenti. Giovani impiegati che si sono fermati per un aperitivo con i colleghi. "Ho lavorato per dieci ore consecutive – racconta un vigilante – e il mio unico desiderio è tornare a casa a riposarmi". Il bus di Trenord, mezzo più economico per tornare a casa in tempi di caro-benzina, parte puntuale a mezzanotte da Cadorna. Prima di mettere in moto, il conducente si è assicurato che tutti i passeggeri fossero muniti di mascherina. Chi non ce l’ha, ne riceve una in prestito. Il bus attraversa strade che si fanno sempre meno frequentate. Una sosta nel parcheggio della stazione di Milano Bovisa, per caricare altri pendolari notturni, poi il lento viaggio tra i quartieri della periferia Nord. Qualcuno ne approfitta per dormire, talmente stanco che voci e rumori non lo disturbano. "Ho sempre lavorato nella ristorazione – racconta Maurizio – anche in Germania. Sono tornato in Italia nel 2018 per motivi familiari, poi è scoppiata la pandemia e ho perso il posto. Sono stato assunto sei mesi fa da un ristorante sui Navigli, con un contratto in regola ma con ritmi di lavoro insostenibili. Stiamo facendo il doppio turno, spesso sei giorni su sette, perché non c’è personale sufficiente. Quest’estate riuscirò a prendere solo due o tre giorni di ferie a Ferragosto. Dovrò adattarmi a fare le ferie a novembre, quando ci saranno meno turisti". Lo stipendio mensile si aggira sui 1.300 euro, che "bruciano subito" fra affitto e spese. "Non riesco a risparmiare niente – prosegue – e torno a casa sempre dopo mezzanotte con le gambe spezzate. I ristoratori dicono che non riescono a trovare personale? Capisco i giovani che non accettano queste condizioni. Io purtroppo so fare solo questo lavoro, non ho neanche un diploma".

Daniele, invece, ha cambiato diversi lavori. "Ho fatto di tutto – racconta – dal muratore al fattorino. Da qualche mese ho trovato lavoro come cameriere in centro. La paga è bassa, non basta neanche per vivere. Ho intenzione di lasciare l’Italia il prima possibile e di andare a lavorare all’estero, magari in Svizzera". Il bus prosegue la sua corsa fra le strade deserte di Garbagnate Milanese, Cesate e Carono Pertusella. I pendolari della notte scendono alle fermate, alcuni con un monopattino al seguito. Si ferma alla stazione di Saronno, in provincia di Varese, attorno all’una. Gli ultimi passeggeri si affrettano verso casa. Qualche ora di sonno, prima di cominciare una nuova giornata di lavoro. Andrea Gianni

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