di Nicola Palma
Nell’epoca d’oro, la Duomo Gpa era arrivata a gestire la riscossione dei tributi per più di 800 enti, compresa la Regione Lombardia. Poi però sono arrivate le inchieste della magistratura e il crac della società con sede in viale Sarca 195. Sì, perché i vertici della srl, dichiarata fallita il 21 dicembre 2018, sono stati accusati dai pm Mauro Clerici e Stefano Civardi di aver distratto parte dei fondi che venivano versati dai contribuenti (e che avrebbero dovuto essere poi bonificati ai Comuni che si erano affidati alla Duomo Gpa, al netto dell’aggio pattuito per il servizio) sui conti correnti privati dei manager. Due le conseguenze dei comportamenti contestati: da un lato, la truffa ai danni dell’Erario e l’ammanco nei bilanci delle amministrazioni locali; dall’altro, il progressivo prosciugamento delle casse aziendali, fino all’inevitabile default. In totale, sarebbero stati sottratti circa 8 milioni di euro, compresi i 40mila che sarebbero stati spesi per pagare un personal trainer e i 140mila usati per acquistare orologi di pregio, oggetti in oro, borse e vestiti. Oltre ai risvolti penali per i dirigenti finiti alla sbarra, a cominciare dall’amministratore unico Diego Federico Cassani, ora iniziano ad arrivare pure le sentenze della Corte dei Conti.
La prima in Lombardia è stata emessa nei giorni scorsi, e ha condannato Cassani, la sorella Denise Federica (procuratore della società dal 2001 al 2017) e la moglie Mara Nadia Braganti (procuratore speciale e membro del Consiglio d’amministrazione dal giugno 2014 all’aprile 2015) a versare 113mila euro al Comune di Pieve Fissiraga, in provincia di Lodi, per risarcire l’omesso versamento di una parte del canone di concessione per il 2015; assolto, invece, l’ex direttore operativo G.F., mai indagato in sede penale. Gli accertamenti investigativi dei pm contabili sono partiti dall’informativa inviata dalla Procura il 20 novembre 2018, a valle del procedimento che ha portato al sequestro preventivo di 8 milioni di euro, l’equivalente di quanto non sarebbe stato versato ad almeno 800 Comuni italiani, di cui 4 riferiti a 216 enti pubblici lombardi. Secondo la ricostruzione dei militari delle Fiamme Gialle, gli accordi stipulati da Duomo Gpa prevedevano due tipologie alternative di remunerazione: una definita "a canone fisso", in base alla quale la società si impegnava a corrispondere al Comune un importo annuale fisso, trattenendo il resto di quanto riscosso a titolo di remunerazione del servizio; l’altra, "ad aggio", per la quale il concessionario teneva per sé una quota prefissata di quanto incassato (aggio semplice) e versava il resto all’ente, con un minimo garantito annuale (aggio con minimo garantito). Stando alle indagini, "tali clausole contrattuali sono state sfruttate in maniera fraudolenta dalla Duomo Gpa, dando luogo a una premeditata confusione gestionale e contabile dei tributi introitati per conto dei diversi enti, finalizzata ad alterare le rendicontazioni e, di conseguenza, a omettere o ridurre i riversamenti dovuti ai singoli Comuni, a esclusivo vantaggio del concessionario".
Per fare questo, il numero uno dell’azienda di viale Sarca avrebbe messo in atto il cosiddetto "sistema Cassani", che in sostanza si basava sulla manomissione del programma di gestione dei tributi minori (Parsec): una procedura algoritmica applicata ai database consentiva di alterare e falsificare le scritture contabili da presentare ai Comuni. I coniugi Cassani e Braganti si sono difesi sostenendo di aver agito in buona fede per cercare "soluzioni concordate con i Comuni per superare la crisi che ha generato i debiti della società verso gli enti". Dal canto suo, Denise Cassani ha affermato di non aver mai ricoperto ruoli gestionali, ma solo impiegatizi, "assoggettata alle direttive della cognata"; e prova ne sarebbe, a suo dire, il fatto che è stata ammessa al passivo del fallimento della Duomo GPA srl per retribuzioni e Tfr non percepiti. Infine, i tre hanno chiesto di sospendere il processo in attesa dell’esito del procedimento penale, ancora in corso. Tesi rispedite al mittente dalla Corte dei Conti, che li ha condannati a risarcire, in solido con Duomo Gpa, i 113mila euro ai cittadini di Pieve Fissiraga.