REDAZIONE MILANO

Hotel Gallia, accordo dopo un anno di lotta "I lavoratori delle pulizie verranno riassorbiti"

Erano stati lasciati a casa in piena pandemia. Ma il settore resta una giungla. "Contratti e appalti pirata"

La lotta sindacale è durata un anno fra manifestazioni, denunce e appelli andati a vuoto, fino a quando è arrivata la svolta. I lavoratori che si occupavano dei servizi appaltati dall’Hotel Excelsior Gallia di Milano sono stati riassorbiti dall’azienda Papalini, che per i prossimi tre anni gestirà pulizia e facchinaggio nella struttura a pochi passi dalla stazione Centrale. "Verranno riconosciute le condizioni contrattuali ed economiche precedenti – spiegano i sindacati Flaica-Cub e Si-Cobas – mantenendo il tempo indeterminato e i livelli contrattuali". I lavoratori che verranno riassorbiti sono una quarantina, mentre altri colleghi hanno trovato nuovi lavori.

Una vicenda emblematica del Far West degli alberghi, con condizioni di lavoro già precarie divenute estreme con la pandemia, che ha messo in ginocchio il turismo. Esattamente un anno fa, il 16 luglio 2020, con l’hotel chiuso, la società HoGroup, che gestiva l’appalto, aveva chiesto ai lavoratori di sottoscrivere una conciliazione per autolicenziarsi, promettendogli un futuro pagamento del Tfr e l’accesso alla Naspi. Nel frattempo, il Gallia affidava la gestione della riapertura tra agosto e dicembre ad una azienda, la KeepUp, che si serviva di personale esterno. Da qui l’avvio di una lunga vertenza per ottenere il reintegro, sfociata nell’accordo con la Papalini, subentrata alla KeppUp. "In questo settore le operazioni di espulsione della forza lavoro erano già iniziate nonostante il blocco dei licenziamenti – spiegano i sindacati di base – con cessazioni improvvise d’impresa e cambi d’appalto al ribasso e non trasparenti". Un sistema finito anche sotto la lente della Procura di Milano, con l’inchiesta coordinata dal pm Paolo Storari che ha portato al sequestro da quasi 22 milioni di euro al gruppo Cegalin-Hotelvolver, che si occupa di servizi di pulizie. Al centro dell’indagine un meccanismo attraverso il quale il gruppo, tra il 2013 e il 2016, avrebbe esternalizzato il lavoro avvalendosi di cooperative le quali non avrebbero versato i contributi previdenziali ai lavoratori e l’Iva. E con un sistema di false fatture sarebbero stati dirottati anche soldi all’estero.

Andrea Gianni