SIMONA BALLATORE
Cronaca

Homeschooling in Lombardia, triplicati gli alunni. E le richieste sono in aumento

Pandemia e quarantene hanno accelerato il fenomeno. Il problema: garantire programmi adeguati e socialità

Antonella Caleffi preside del Comprensivo Perasso di Milano

Milano - In 617 avevano scelto l’istruzione parentale in Lombardia nel 2018. Sono triplicati in soli tre anni. Nel 2020/2021 l’Anagrafe Nazionale Studenti conta 15.361 bambini e ragazzi che sono usciti dal circuito delle scuole pubbliche o private perché al diritto allo studio e all’obbligo scolastico pensano mamma e papà o chi per loro, precettori e scuole parentali incluse. Tra loro 2.248 alunni lombardi: la regione con più studenti d’Italia è anche quella che ha più esperienze di homeschooling, seguita dal Veneto (2.081). 

Altro effetto collaterale del Covid? "La situazione pandemica ha la sua rilevanza in questa crescita – spiega Francesca Antonacci, pedagogista dell’università di Milano-Bicocca –. Con i bambini a casa in Dad molte famiglie si sono fatte carico della gestione di parte della didattica. Al punto che alcune sono arrivate a dire: "Se dobbiamo seguire i nostri figli nella scuola in modo così sostenuto, allora possiamo farlo in modo diverso, rendendoci autonomi anche dalle esigenze e richieste della scuola, dalle spiegazioni alla valutazione”, altro elemento di criticità tra genitori e insegnanti. 

La "scuola a casa" è un fenomeno più diffuso nelle primarie – 1.027 le richieste nel 2021 in Lombardia (erano 377 l’anno prima e 292 nel 2018) – diminuisce alle medie (istruzione parentale per 580) e si fa più rara alle superiori: 73 gli alunni "formati in casa". Le richieste lievitano in corso d’anno: a Milano nelle prime settimane di settembre sono state accolte le domande di 46 famiglie (dato in linea con lo scorso anno, che si era chiuso con 104 alunni in homeschooling). C’è chi opta per la scuola in casa con le prime quarantene, per non mettere a rischio l’attività lavorativa o per paura di contagi.

E c’è chi cerca "scorciatoie" anche contro gli obblighi connessi, a partire da quello vaccinale. Il green pass non è richiesto agli studenti delle scuole dell’obbligo, ma già dalla legge Lorenzin – con la stretta sui 12 vaccini obbligatori in classe – l’educazione parentale è tema ricorrente nelle pagine no vax. "Scelte delle famiglie che però non fanno sempre il bene dei ragazzi – commenta Antonella Caleffi, preside del comprensivo Perasso di Milano –. Abbiamo già ricevuto una richiesta, ma aumenteranno con le prime quarantene, come l’anno scorso, quando erano 13 tra elementari e medie. In quel caso arrivavano tutte da famiglie di nazionalità cinese". 

Prima di concederle il dirigente deve accertarsi che i bambini vengano seguiti, perché non è affatto una scorciatoia. "Spesso dichiarano che ci sarà un precettore. Io non sono un investigatore, anche se chiamo per mantenere il contatto – spiega Caleffi –. Entro il 30 aprile devono fare richiesta di esame e preparare un programma, che generalmente non è esauriente e chiediamo di integrare. L’anno scorso alle elementari abbiamo dovuto fermare tre di questi alunni e il rischio che si perdano c’è". Perché la scuola non è un contenitore di nozioni. "La scuola in presenza va difesa – conclude la pedagogista Antonacci –, in sua assenza si possono creare scompensi e problematiche nella socializzazione dei bambini che a casa non possono avere lo stesso tipo di relazioni con gli insegnanti e i compagni. La scuola non è fatta solo di didattica, consente il confronto con il mondo fuori dall’ambito familiare". E c’è un altro aspetto che non va sottovalutato: "La scuola come veicolo di cultura e di democrazia. Se ciascuno si chiude nel proprio nucleo familiare, solo pochi bambini privilegiati sono supportati dai genitori nel processo di crescita e sviluppo. "Fare scuola" non è da tutti ma la scuola deve essere di tutti".