L’anno scorso in Italia 2.349 persone hanno scoperto di aver contratto l’Hiv, e 377 erano in Lombardia. La regione più popolosa ma anche una di quelle che hanno visto più aumentare le nuove diagnosi, che nel nostro Paese sono tornate a crescere dopo la pandemia. C’è di peggio: "Nel 41% dei casi sono diagnosi tardive, quando il quadro clinico è conclamato. Ed è ipotizzabile un 40% di sommerso (persone infettate che non sanno di esserlo, ndr). È necessario intensificare informazione, prevenzione e screening", dice Andrea Gori, presidente di Anlaids Lombardia che ha inaugurato il palinsesto intorno al World Aids Day (il 1° dicembre) e offrirà, domenica, test gratuiti per Hiv e Hcv dalle 10 alle 13 nella sede di via Monviso 28 a Milano (il programma completo è su https://anlaidslombardia.it/world-aids-day/).
Ma la novità ì riguarda l’ospedale Sacco, dove il professor Gori è primario di Malattie infettive, e dove a breve partirà, in tandem con l’Istituto Spallanzani di Roma, la "Prep iniettiva". Prep sta per "profilassi pre-esposizione", e consiste nell’assunzione di farmaci antiretrovirali (quelli hanno cambiato la storia dell’Aids) da parte di persone sieronegative, ma ad altissimo rischio d’infettarsi. Ad esempio perché hanno partner Hiv positivi il cui virus non è ben controllato dalle terapie, o incontri sessuali (sia etero che omo) non protetti o usano droghe: c’è un punteggio per individuare i soggetti a rischio "sostanziale", stabilito l’anno scorso dall’Aifa quando ha reso mutuabile la Prep (dietro accettazione di sottoporsi a controlli serrati). Perché questa strategia è adottata da una decina d’anni nel mondo, in Italia dal 2017, con percentuali di successo uguali o vicine al 100% se non per un particolare: sinora era in compresse, da assumere quotidianamente o a intervalli precisi, e problemi di "aderenza" alla terapia, anche per la situazione sociale di alcune popolazioni-target, ne hanno limitato l’efficacia. Come ha dimostrato uno studio condotto in Sudafrica coinvolgendo donne tra i 16 e i 25 anni e interrotto per ragioni etiche poiché la nuova strategia testata, che prevede un’iniezione ogni sei mesi, ha funzionato al 100% mentre nel gruppo di controllo, che assumeva il farmaco orale, 55 donne su 3.204 si sono infettate: così l’iniezione è stata offerta a tutte.
Proprio la Prep iniettiva, con una iniezione di un nuovo inibitore delle integrasi di Hiv (cabotegravir) ogni due mesi, debutterà in Italia al Sacco (e allo Spallanzani), con una fase-pilota che coinvolgerà 800 persone a rischio ma "escluse dalla Prep orale per difficoltà di accesso, intolleranza, bassa aderenza o interruzione", fanno sapere dall’Asst Fatebenefratelli-Sacco.