Haiti nel caos, la tragedia dimenticata del Paese fantasma: “Le persone muoiono per strada, ma non ci arrendiamo”

Mariavittoria Rava e l’impegno della Fondazione Francesca Rava rimasta nell’isola per assistere la popolazione: “Non lasciamo sole le persone che rischiano la vita per aiutare i più deboli”

Richard Frechette nell'ospedale pediatrico NPH Saint Damien di Port-Au-Prince. A destra, la violenza nelle strade della capitale haitiana

Richard Frechette nell'ospedale pediatrico NPH Saint Damien di Port-Au-Prince. A destra, la violenza nelle strade della capitale haitiana

Milano – Il cadavere di un ragazzo disabile abbandonato per strada intorno al quale si accalcano i maiali affamati. Poco più avanti altri corpi lasciati sotto il sole. Poi i boati degli spari, le voci di donne disperate. Il pianto dei bambini. Sono alcune delle istantanee che arrivano da Haiti, diventata ormai terra di nessuno, dove la legge viene imposta con il mitra dalle bande criminali padrone della capitale e dove le istituzioni – quel poco che negli anni ha resistito alle catastrofi naturali e alla violenza nelle strade – non esistono in pratica più. A farsi portavoce di una tragedia che si sta consumando nella sostanziale indifferenza del mondo è Mariavittoria Rava, presidente della Fondazione Francesca Rava, che ad Haiti è presente dal 2000, con una scuola elementare per 1.000 bambini, due centri di riabilitazione per bimbi disabili e soprattutto l’ospedale pediatrico NPH Saint Damien, l’unico gratuito e ancora in funzione ad Haiti.

Mariavittoria Rava nella scuola organizzata dalla Fondazione Francesca Rava ad Haiti
Mariavittoria Rava nella scuola organizzata dalla Fondazione Francesca Rava ad Haiti

E proprio dall’ospedale arriva l’appello disperato di padre Richard Frechette, direttore delle attività sull’isola di NPH (l’associazione che assiste e cura persone nei Paesi più poveri del mondo): "In ogni parte di Haiti si combatte, qualcuno per il potere, qualcun altro per la vita. Ci sono sfollati ovunque, stiamo distribuendo ciò che abbiamo, lenzuola per le mamme che dormono in strada con i loro bambini, stiamo realizzando kit alimentari e raccogliendo vestiti da consegnare a chi ne ha bisogno. Non sappiamo più dove ospitarli. Sono arrivate 65 donne con i loro bambini. Erano scappate dalle sparatorie a Delma (quartiere di Port-Au-Prince, ndr). Sono venute da noi perché non sapevano dove altro andare, perché le abbiamo sempre aiutate e abbiamo sempre distribuito loro cibo e acqua".

Ad Haiti infatti non c’è acqua potabile: prima dell’esplosione di quest’ultima crisi la popolazione veniva rifornita da camion cisterna che attraversavano la capitale. Ora però, a causa delle continue sparatorie, quei mezzi non si muovono più. Ci si affida, appunto, a organizzazioni non governative come NPH e Fondazione Rava. "Stiamo distribuendo acqua potabile e vestiti anche nei campi profughi – racconta Mariavittoria Rava – dove ci sono oltre 5.000 persone senza alcun tipo di assistenza".

Padre Rick ha organizzato degli ospedali mobili che si muovono per la città per fornire le cure ai feriti e dare assistenza. Ma il loro lavoro è sempre più a rischio. "Haiti è un Paese fantasma – dice ancora Rava – Manca tutto e le persone rischiano la vita in ogni momento. Sono 25 anni che visito il Paese ma una situazione così tragica non l’ho vista neanche dopo il terremoto del 2010. Sono stata a Port-Au-Prince tre mesi fa e già allora si intuiva la gravità della crisi. Le strade, solitamente animate da traffico e persone, erano deserte. Regnava la paura".

Haiti da decenni non riesce a trovare pace, tra colpi di stato, terremoti e inondazioni, epidemie e criminalità fuori controllo. "A farne le spese – dice ancora Rava – schiacciati da tutto questo, sono naturalmente i cittadini. Quest’ultima ondata di violenza poi non guarda in faccia nessuno, donne e bambini compresi".

Nonostante l’indifferenza della comunità internazionale però le persone che quotidianamente rischiano la vita per assistere gli haitiani non si arrendono. "Per fortuna ci sono persone come padre Rick e la nostra Pascale Gassant, direttrice del Saint Damien, una donna straordinaria che nonostante i pericoli è rimasta ad Haiti per organizzare i servizi dell’ospedale. Nella desolazione che vive l’isola adesso la speranza è proprio in queste persone meravigliose. Quello che possiamo e dobbiamo fare noi, da questa parte del mondo, è non lasciarle sole".

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