Daria, da Odessa a Milano: "La guerra finirà quando la Russia non avrà più soldi"

Kashina, giornalista ucraina, ha lasciato il Paese con la madre: "O a Mosca cambia governo o Putin non si fermerà. Zelensky? Fa il 'Che' ucraino, ma è migliorato"

Daria Kashina a una manifestazione a Milano. Sullo sfondo barricate a Odessa

Daria Kashina a una manifestazione a Milano. Sullo sfondo barricate a Odessa

Milano - Il 24 febbraio entrerà nei libri di storia come l'inizio dell'invasione russa in Ucraina. Un capitolo di cui non si conosce la fine. E il 24 febbraio è stato per milioni di ucraini il giorno che segnato lo stravolgimento delle loro vite. E' stato così anche per Daria Kashina, 33 anni, giornalista, che allo scoppio della guerra ("e quando o visto gli spari fuori dalla finestra") nel giro di pochi giorni è riuscita a lasciare Odessa insieme alla madre Tatjana, destinazione Italia. Un viaggio avventuroso fra treni che non esistevano più, passaggi improvvisati, chilometri a piedi ("mentra nevicava") e la ricerca di un pullman, finalmente trovato in Moldavia, "guidate via telefono da volontari", ricorda Daria, che parla italiano, tornato utile dopo averlo studiato.

E' stata un'odissea...  "E' stato un viaggio con diversi stop e cambi di mezzi, con gli autisti preoccupati perché temevano che l'invasione potesse ripetersi in Ucraina".

Infine l'arrivo a Milano. "Grazie all'aiuto di una signora italiana, di una famiglia nota in città, che avevo conosciuto in precedenza. Ci ha messe in contatto con la Chiesa ucraina di Milano, che ci ha trovato una sistemazione presso ua famiglia dell'hinterland milanese".

In Ucraina sono rimasti parenti e amici. Li sentite? "Riesco a tenermi in contatto con alcuni di loro. Ho sentito una vicina di Odessa: mi ha raccontato della spiaggia minata, delle giornate scandite dal suono delle sirene, con la discesa negli scantinati-bunker, dove molti però non vogliono andare perché sono vecchi, della Seconda guerra mondiale. Alcuni si rifugiano nei bagni senza finestre, altri vicino alle porte di casa, dove i muri sono più spessi".

Odessa resta nell'obiettivo dei russi... "Eppure quasi tutti in città si dimostrano ottimisti sul futuro. D'altra parte Odessa era uno degli obiettivi principali di Putin, ma è ancora ucraina. Anche se a Mykolaiv (la città che fa da cuscinetto di protezione, ndr) la situazione è ormai più che critica. Il timore è che l'invasione possa venire anche da Ovest, dalla Pridnestrovie (la Transnistria, area separatista della Moldavia, ndr) dove sono rimasti ancora mezzi dell'epoca Urss. E dove Mosca, pare, cerca uomini da arruolare".

La situazione più drammatica è ora quella del Donbass. "La mia famiglia è originaria di Donetsk. Ho ancora cugini e zii là. Qualcuno è scappato, qualcuno è rimasto a sorvegliare la casa, per paura di non trovarla più".

Lei è di famiglia russofona, come vive questo conflitto russo-ucraino? "Io però sono cresciuta a Kiev, ho frequentato una scuola ucraina. Credo che il sentimento di sentirsi russi fosse più forte nelle generazioni precedenti, quelle che hanno vissuto il dissolvimento dell'Urss. Per i giovani è diverso, l'Ucraina è la nostra patria".

La Crimea però ha scelto di unirsi alla Russia via referendum. "Io ero là, quando arrivarono i carrarmati russi. E sono arrivati prima i soldati del referendum. E poi, senza più i tatari che sarebbero stati contrari e sono stati deportati... La verità è che molti pensavano che la Russia fosse Mosca: più ricca, con buone pensioni, più sicura. Ma la Russia è anche Rostov (sul confine, ndr) ed è tutta un'altra storia".

Cosa ne pensa del presidente Zelensky? "La verità? Non l'ho votato, preferivo Petro Poroshenko, il suo predecessore. Zelensky nasce attore, gli piace la reazione del pubblico. Prima ha invocato la pace, poi è diventato un Che Guevara ucraino. Un video al giorno? Temo che abbia annoiato. Però ora ha iniziato a capire i bisogni degli ucraini, più di prima. In questo è migliorato".

Con queste premesse, tra Putin e Zelensky le sembra possibile un accordo di pace? "Non credo che la pace arriverà tramite un accordo".

E come?  "Con il tracollo economico russo. Mosca iniziò a ritirarsi dall'Afghanistan quando l'economia andò a picco. Quando la Russia non avrà più soldi e si avvicinerà al default, qualcosa cambierà".

Putin non si sccontenterà del Donbass e del dominio sul Mar Nero? "No. Magari può fermarsi per 6 mesi, un anno. Ma credo che i "falchi", i suoi consiglieri, siano più pericolosi di lui. E vogliono una nuova Urss. Perché la guerra finisca deve cadere questo sistema di governo".

Non sembra una prospettiva vicina, può voler dire anni... "Non è detto, certo oggi la minoranza in Russia non è forte. Ma gli oligarchi sono sotto choc in questo momento, non accetteranno a lungo la crisi economica. E i loro interessi e quelli dell'opposizione potrebbero incontrarsi. Non è detto che non possa accadere a breve".

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