
L’urbanistica soccombe al diritto di culto. Se lo è sentito ripetere più volte dal Tar Lombardia e dal Consiglio di...
L’urbanistica soccombe al diritto di culto. Se lo è sentito ripetere più volte dal Tar Lombardia e dal Consiglio di Stato l’Amministrazione di Sesto, che quasi otto anni fa dichiarò guerra al centro culturale islamico. Una vicenda giudiziaria lunghissima che ha portato allo stop di ogni costruzione di via Luini, dove l’associazione aveva iniziato i lavori per una moschea di 2.450 metri quadri con ristorante, biblioteca, minareto e cupola d’oro. Un progetto da 4,6 milioni a carico della comunità musulmana, che aveva già pagato ed eseguito le bonifiche. Tra costi lievitati e lungaggini, quando il centrodestra arrivò al governo della città, la grande moschea non era ancora iniziata. Così, il Comune firmò un atto di decadenza del permesso a costruire, lamentando anche il mancato versamento di tasse e oneri per 320mila euro, ritenuto "grave inadempimento".
A nulla è valsa la sollecitazione della magistratura amministrativa di un tavolo di confronto. L’Amministrazione aveva tacciato di irregolarità anche l’altra struttura usata per pregare: il prefabbricato accanto all’ex cantiere. Posato nel 2015, doveva essere provvisorio: capienza 200 persone, 100mila euro di investimento da parte della comunità islamica. La convenzione aveva stabilito una durata di 30 mesi oltrepassata dal decennale che arriverà tra poche settimane. All’associazione resta il diritto di superficie e, per i giudici, al Comune il dovere di tutelare il riconoscimento della libertà religiosa garantita dalla Costituzione.La.La.