SIMONA BALLATORE
Cronaca

Goffredo Haus, un informatico per la musica: “Faremo suonare il genoma”

Milano, oltre quarant’anni di ricerca nel laboratorio della Statale. “Ho iniziato costruendo una chitarra a 13 anni. La mia tesi? La sto scrivendo anche ora”

Goffredo Haus con Elio e le Storie Tese in Statale

Goffredo Haus con Elio e le Storie Tese in Statale

C’era una volta una chitarra costruita artigianalmente da un ragazzino di 13 anni, che non aveva mai suonato prima, ma che con quello strumento di legno rudimentale imparò i meccanismi della musica (e non solo). In fondo il primo corso di laurea in Informatica musicale in Italia è nato alla Statale di Milano anche grazie a quella chitarra: la chitarra di Goffredo Haus. Ed è con lui, oggi formalmente in pensione ma impegnato a tempo pieno nella ricerca, che riavvolgiamo il nastro di questa storia che ha inizio 50 anni fa.

Siamo nel 1966.

"Non so nulla di musica ma sono molto curioso: mi hanno messo in mano la chitarra e ho cominciato a misurarla. Non mi basta: ne costruisco una e cerco di farla suonare. Così è cominciato tutto".

Poi a quell’armonia si unì l’informatica, come?

"Ero al liceo scientifico Vittorio Veneto, ogni tanto “bigiavo“ per frequentare corsi gratis all’Ibm. Quando è stato il momento di scegliere ho optato per il gruppo di Elettronica e Cibernetica dell’Istituto di Fisica dell’Università di Milano. Ma appena ho potuto ho fatto convergere informatica e musica".

Come?

"Al terzo anno cercavo un professore con la mente aperta: bussai al prof Giovanni degli Antoni. Anche se non avevano mai affrontato nulla di simile e di così interdisciplinare si fidò di me. Ecco, da allora ho avuto il privilegio di scrivere la mia tesi di laurea tutta la vita, la sto scrivendo tuttora. “Descrizione formale di processi musicali“. E abbiamo creato corsi di laurea sul tema: oggi contiamo duemila studenti e 800 laureati".

Quando e dove nasce il Laboratorio di Informatica Musicale della Statale?

"L’incipit è in una stanza di via Moretto da Brescia, nel 1983. Il laboratorio è nato nel 1985: siamo siamo traghettati per trent’anni in via Comelico fino alla sede nuova di via Celoria. Il tema era uno: trovare i fondi per avere un gruppetto di ricerca stabile, per poter pagare i giovani anche quando un bando scadeva, senza perderli ogni volta. Oggi al Lim ci sono tre professori ordinari, due associati, una decina di assegnisti e dottorati".

Come avete fatto?

"Creando collaborazioni con istituti musicali di altissimo valore: lavoriamo per loro e questo ci permette di alimentare la ricerca con materiale unico, salvandolo. Penso alla digitalizzazione e all’organizzazione dell’Archivio storico del Teatro alla Scala, cominciate nel 1996".

Cosa avete salvato al Piermarini?

"Cinquemila nastri che vanno dagli anni ’70 agli anni Novanta, tremila sono stati protetti con trattamenti termici. È salvo un grande quantitativo di registrazioni di Riccardo Muti e Claudio Abbado, per fare solo due nomi. In tempi più recenti, il Lim ha avuto il coordinamento scientifico del progetto LaScalaDam, nato per dotare la Scala di un sistema integrato di gestione digitale del patrimonio e abbiamo realizzato l’applicativo web per la consultazione interna".

Altre collaborazioni cruciali?

"Con la Rai, con il Bolshoi per valorizzare la sezione storica. Con la REte della Musica Italiana, dall’Archivio storico Ricordi alla Discoteca di Stato. Ma penso anche al Charles Ames Research Center della Nasa per la simulazione del suono spazializzato. E abbiamo creato il formato IEEE 1599, uno standard internazionale per la codifica dell’informazione musicale riconosciuto nel 2008 dall’Institute of Electrical and Electronics Engineers".

Prossimi obiettivi in tempi di intelligenza artificiale?

"La separazione automatica di tracce musicali resta una sfida e stiamo lavorando con il Politecnico per la sonificazione del genoma: può aprire nuove frontiere in area medica".

Cosa suona Haus oggi?

"Ho sempre avuto due “canali“: compongo musica, un mix rock-progressive seriale. E suono musica meno complicata di quella che compongo, adoro improvvisare. È l’attività che mi rilassa di più mentre continuo a scrivere la tesi della mia vita".