ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Milano, nella giungla dei centri massaggi: "Noi siamo professionisti seri. E chiediamo regole più stringenti"

Il presidente degli operatori Thai contro chi usa il nome per celare prostituzione: "Ci danneggia tutti". L’associazione: via le vetrofanie che nascondono gli interni. E mandare i Nas

Pier Carlo Cavallo (Federazione Traditional Thai Massage) e Francesca Casu (Acemo)

Pier Carlo Cavallo (Federazione Traditional Thai Massage) e Francesca Casu (Acemo)

Milano – Quanta confusione sotto il cielo del massaggio. C’è un problema anzitutto linguistico. Stesso termine, discipline diverse: il massaggio sanitario (o massoterapia) è eseguito da personale con abilitazione universitaria, il massaggio estetico è appannaggio delle estetiste. C’è poi il massaggio rivolto al benessere della persona, definito anche "olistico", ed è in questa categoria che finisce per rientrare, come nell’hegeliana "notte in cui tutte le vacche sono nere", tutto e il contrario di tutto: tecniche millenarie ispirate al buddhismo per stimolare i canali energetici, su cui si basa ad esempio il massaggio thai (patrimonio dell’Unesco), e pratiche invece materialissime, con finale "romantico", per usare un eufemismo, assimilabili alla prostituzione, come hanno rivelato tante indagini, soprattutto sui centri orientali, negli ultimi 20 anni.

«Episodi di cronaca che hanno danneggiato la reputazione di un’intera categoria" tuona Pier Carlo Cavallo, presidente della Federazione italiana Traditional Thai Massage, fondata nel 2009, quasi 250 soci in Lombardia, quasi un centinaio a Milano. I massaggi rivolti al benessere della persona sono attività "da considerarsi libere e suscettibili di ricadere nell’ambito della legge 4 del 2013", specifica una risoluzione del ministero delle Imprese e del Made in Italy. "Una legge che norma tutte le professioni non organizzate in ordini o collegi – spiega Cavallo –. Prevede l’esistenza di associazioni, come la nostra, iscritte al ministero, con lo scopo di controllare i percorsi formativi del massaggiatore. In pratica però non c’è un percorso obbligato e le scuole di massaggio che offrono un portafoglio immenso di corsi sono diventate troppe e non tutte serie".

Un altro vulnus , secondo Francesca Casu, vicepresidente di Acemo (Associazione centri massaggi orientali) che esiste dal 2010 e moglie di Cavallo, riguarda il regolamento regionale del 2018 che stabilisce i requisiti igienico-sanitari, di sicurezza e di decoro urbano dei centri massaggi di esclusivo benessere. "Norme di buon senso, ad esempio la biancheria pulita custodita in luogo idoneo, la rubinetteria con comandi non manuali, l’obbligo di lavarsi le mani prima del trattamento. Il problema è che vale solo per i centri massaggi sulla strada, i quali per la maggior parte sono cinesi e thailandesi. Se l’operatore riceve a domicilio nel suo appartamento può fare quello che vuole. Per questo carattere discriminatorio coi nostri legali lo abbiamo impugnato e attendiamo la sentenza del Consiglio di Stato".

Casu non è neppure tenera con alcuni centri orientali. "A Milano ce ne sono troppi in condizioni igienico-sanitarie inaccettabili, infatti qui non ne seguo più alcuno" spiega la donna, consulente amministrativo di migliaia di centri orientali in tutta Italia. "Noi chiediamo il pugno duro. In Lombardia ci si accontenta di fare cassa con una multa di cinquemila euro se non rispettano le norme d’igiene del già citato regolamento. Ma l’unica soluzione sarebbe chiudere questi centri, mandando i Nas. Chiediamo poi che si preveda il divieto delle vetrofanie coprenti: non solo facilitano l’anonimato ma sono anti-igieniche, impedendo che filtri la luce solare all’interno".