Giorgio De Stefano, il "Malefix" di Silvia Provvedi condannato a 12 anni e 8 mesi

Il 41enne rampollo della cosca De Stefano secondo i giudici era il rappresentante del clan all’ombra della Madonnina

Giorgio De Stefano in vacanza con la compagna Silvia Provvedi

Giorgio De Stefano in vacanza con la compagna Silvia Provvedi

Milano - "Devi stare attento, Giorgio. Devi stare solo attento... la visibilità, meno ce n’è e meglio è". Così Alfonso Molinetti, veterano dell’omonima cosca reggina, ammoniva Giorgio De Stefano, figlio illegittimo del boss defunto "Don Paolino" trapiantato a Milano. E invece il 41enne non faceva nulla per evitare le luci della ribalta. Anzi: presenza fissa nei salotti meneghini, amante della bella vita e compagno della showgirl Silvia Provvedi, che l’ha ribattezzato "Malefix" durante il Grande Fratello proprio per tenerne celata l’identità. Due anni fa, "Giorgetto" è stato arrestato dagli agenti della Squadra mobile a valle di un’indagine della Dda di Reggio Calabria che lo ha messo sotto accusa come il rappresentante del clan all’ombra della Madonnina, incaricato di riscuotere il pizzo e di tenere buoni rapporti con i rappresentanti delle altre famiglie di ’ndrangheta.

Accuse che hanno retto in aula, se è vero che ieri "Malefix" è stato condannato a 12 anni e 8 mesi di reclusione (a fronte di una richiesta di 20 anni formulata dal procuratore capo Giovanni Bombardieri). Tra gli altri 52 condannati in abbreviato del processo "Epicentro", che ha riguardato tutti gli indagati delle inchieste "Metameria", "Malefix" e "Nuovo Corso", la pena più pesante è stata comminata dal gup reggino Francesco Campagna a Domenico Calabrò: 23 anni per il presunto consigliere del boss ergastolano Filippo Barreca. Quest’ultimo, a sua volta, è stato condannato a 20 anni, così come gli imputati Demetrio Condello, Carmine De Stefano, Orazio De Stefano, Antonio Libri e Luigi Molinetti detto "La Belva".

Nel corso delle udienze, il pm Walter Ignazitto l’ha ripetuto più volte: "Tutto ruota intorno ai De Stefano e ad Archi, che è il punto in cui comincia e finisce la ‘ndrangheta di Reggio Calabria e forse la ‘ndrangheta di tutta la provincia. La cosca De Stefano è la più potente e la più autorevole. È quella di fronte alla quale tutti alla fine fanno un passo indietro". E ancora: "Parliamo di ‘ndrangheta vera, di ‘ndrangheta di Serie A - ha aggiunto il magistrato - Non è possibile che da trent’anni questa città debba vivere sotto la pressione sempre delle stesse persone. Noi vogliamo una città di Reggio Calabria in cui, se arriva Carmine De Stefano, la gente possa dire 'e chi se ne frega'. Non è possibile continuare a vivere dopo trent’anni, in una città in cui ancora devono tremare i polsi, perché qualcuno si chiama De Stefano o si chiama Molinetti". Di quel sistema di potere mafioso, stando all’inchiesta e alla sentenza di primo grado, faceva parte pure Giorgio "Malefix".

Gli avvocati Antonio Bucci e Luca Cianferoni precisano che il loro assistito Giorgio De Stefano, detto "Malefix", sebbene  in fase di indagini veniva indicato quale rappresentante a Milano dell'omonimo clan ndranghetista, detta circostanza non è stata provata durante il primo grado di giudizio conclusosi  in data 29.7.2022.  Altresì, allo stesso viene contestato un unico episodio estorsivo caratterizzato dalla genericità del fatto e di esiguo valore economico. Non è altresì emerso nel corso del processo di primo grado che Giorgio De Stefano era incaricato alla riscossione del pizzo e a tenere i rapporti con le altre famiglie di 'ndrangheta. Giorgio De Stefano, come imputato, ha sempre assunto una condotta lineare e partecipativa al processo, fornendo agli inquirenti ogni prova in suo possesso tesa all'accertamento della verità sulla sua condotta. La sentenza di condanna ad anni 12 e mesi 8, ha escluso le aggravanti di  "capo promotore".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro