
Il gioco d'azzardo online in Lombardia supera quello con apparecchi, nonostante le restrizioni comunali. Gli operatori chiedono politiche nazionali di prevenzione e una riforma organica del settore.
Razzante*
Secondo i dati dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm) e degli operatori del gioco d’azzardo, nel 2023, su circa 21,3 miliardi di euro giocati in Lombardia, circa 10,4 sono stati giocati online; il gioco con apparecchi si è ridotto a circa 7,2 miliardi ed i restanti prodotti offerti nei punti vendita (lotto, lotterie, scommesse) hanno raccolto circa 3,7 miliardi di giocate. Le restrizioni comunali degli orari di funzionamento, applicati prevalentemente agli apparecchi, non hanno dato risposte al contrasto al disturbo da gioco d’azzardo. Unico effetto prodotto è stato lo spostamento della domanda di gioco, che comunque esiste, su altri canali distributivi, su altri prodotti di gioco o sull’offerta illegale. Per non parlare poi dei casi come quello della limitazione degli orari di Varese che a pochi chilometri dalla Svizzera non fa altro che spostare all’estero il gettito erariale da emersione che si era generato. Inoltre la rete di imprese del settore soffre anche sul piano occupazionale. I limiti imposti, soprattutto per sale dedicate al gioco, bar e tabaccherie che ospitano slot machine, riducono i ricavi di queste attività, creando difficoltà economiche, senza prevenire in concreto il disturbo da gioco d’azzardo. La piaga del gioco d’azzardo va affrontata puntando sulla prevenzione, gestendo il fenomeno su base nazionale e riducendo l’illegalità. Lo ha evidenziato Geronimo Cardia, Presidente dell’Associazione concessionari di giochi pubblici (Acadi): "Le politiche dovrebbero mirare a introdurre misure di prevenzione concretamente efficaci, a supportare i giocatori problematici e a non creare effetti collaterali problematici. Da tempo chiediamo una riforma organica del comparto che sia equilibrata e nazionale, superando così la frammentazione sui territori e l’effetto espulsivo del gioco lecito che le normative locali hanno generato".
* Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica
di Milano