REDAZIONE MILANO

Gianluca De Angelis fra ironia e ricordi: "La mia Milano pane, amore e fantasia"

L'attore racconta: "Nel 1993 il primo provino al mitico 'Zelig' di viale Monza 140, purtroppo non andò bene. Ma tante esperienze mi attendevano" di MASSIMILIANO CHIAVARONE

Gianluca De Angelis

Milano, 9 gennaio 2016 -  «Milano è una città che ti fa usare la fantasia per amarla». Lo racconta l’attore Gianluca De Angelis. «Non ha una bellezza che ti rende schiavo. La sua «venustà» la devi immaginare».  

Capisco che di professione fa il comico, ma non cominci con la «lesa milanesità«. Anzi per rimediare ci racconti: qual è il suo percorso alla scoperta della bellezza di Milano? «Ho avuto tempo perché sono milanese di nascita di padre pugliese e madre lombarda. Infanzia e adolescenza negli anni '70-'80 a piazza Tripoli, non lontano dal Lorenteggio, quartiere abbastanza popolato da tossicodipendenti. Io invece mi dedicavo con tenacia a giocare a calcio su un campetto di cemento». 

Insomma non proprio una passeggiata.  «Era quello disponibile in zona, ma devo dire che mi ha permesso di sviluppare una certa tecnica nel dribbling, la stessa che usavo a scuola». 

Caspita uno sportivo a tutto campo! «Non proprio, dribblavo le interrogazioni facendo le imitazioni dei professori». 

Sicuro che riusciva a scamparla? «Devo dire che le mie vittorie le ho portate a casa, soprattutto in matematica. Un bel risultato perché al liceo scientifico, la scuola che frequentavo, era la vera bestia nera. Ma il prof in questione era un tipo simpatico: gli era giunta voce che lo sapevo imitare, esibizioni che facevo in palestra oppure alle feste tra compagni. Una volta mi chiese di imitarlo davanti a tutta la classe, e io arrivai perfino ad interrogarlo, fingendo naturalmente di essere lui». 

Chissà quando arrivò il momento di metterle il voto.  «Mi andò bene, perché si divertì e si limitò a raccomandarmi di studiare di più. Ma avevo altro per la mente.  Dopo il liceo mi iscrissi a Lettere ma dopo mezz'ora dall'immatricolazione mollai l'università per il cabaret». 

Ci ha messo un po' a capire che era la sua strada? «Vuole la verità? Ho cominciato a vivere attorno ai 20 anni. La recitazione mi ha svegliato. Mi ha reso più attento e desideroso di imparare. Ho esordito in duo. Poi è diventato il mio destino «fare bottega» con altri. Ho cominciato nei primi anni ’90 con Michele Annunziata con cui creammo i «De Niro e De Bianco» tra l’altro fummo i primi a rappresentare Batman e Robin come conclamata coppia di fatto ma non in modo macchiettistico. E nel 1993 il primo provino al mitico «Zelig» di viale Monza 140, purtroppo non andò bene. Ma tante esperienze mi attendevano».

Per esempio? «Ho gestito un locale, il «Sagapò» lungo il Naviglio, in via Lodovico Il Moro, ne approfittavo anche per esibirmi. Una sera venne Alda Merini che lesse le sue poesie. Certe cose accadono solo a Milano, è la città dove si può sperimentare, poi arriva il momento in cui raccogli, ma devi sempre tornare a metterti alla prova».

E lei di sperimentazioni ne ha fatte? «Molte, dal laboratorio di cabaret che fondai con Michele Annunziata al Centro Scaldasole e che diventò la palestra di tanti talenti: infatti Paolo Rossi venne a vederci e reclutò molti di noi per «Scatafascio» su Italia 1.  E poi c’è il periodo al Barrio’s alla Barona dove ci trasferimmo, il lavoro con Gianmarco Pozzoli, con cui formammo un nuovo duo e approdammo allo «Zelig» in tv. Poi nel 2010 siamo diventati un trio con Marta Zoboli. Due anni dopo Gianmarco è andato via ed è nato il duo «Marta e Gianluca»».

Sembra di giocare a briscola, mi è venuto il mal di testa. La via di Milano che preferisce? «Più che una via un luogo, la Palazzina Liberty all’interno del Parco Vittorio Formentano tra corso XXII Marzo e via Cadore. E’ una degli emblemi di Milano anche se l’architettura mi ricorda l’Argentina, ma lo dico perché sono appassionato di Maradona tanto che posso essere considerato un maradonologo. A parte gli scherzi, questo posto ha per me anche un forte valore simbolico, perché ospitò negli anni ’70 il collettivo teatrale guidato da Dario Fo e in cui realizzò alcuni dei suoi spettacoli più importanti che furono anche un mezzo per dialogare con la città. Mi piacerebbe un giorno fare uno spettacolo qui in omaggio anche ai grandi milanesi».

Insomma per lei Milano è? «L’unico posto in Italia dove puoi fare comicità sul serio. Milano è capace di mescolare intelligenze e provenienze».

di MASSIMILIANO CHIAVARONE