Gianfranco Stevanin, chi è il “mostro di Terrazzo” che chiede i permessi premio

Sei vittime accertate, violenze sessuali e mutilazioni. Ritratto del serial killer che stuprava, fotografava e uccideva le sue vittime

Gianfranco Stevanin ai tempi del processo e oggi

Gianfranco Stevanin ai tempi del processo e oggi

Bollate (Milano) – La storia di Gianfranco Stevanin (il serial killer che oggi chiede i permessi premio) inizia il 2 ottobre 1960 a Montagnana, in provincia di Padova e fino ai primi anni Novanta è una storia “normale”. Quella del “mostro di Terrazzo” invece inizia il 16 novembre del 1994 ed è tutt’altro che normale: da quel momento l’Italia scopre, come se ce ne fosse stato bisogno, fin dove può scendere la perversione dell’animo umano. È in quel momento che Stevanin diventa agli occhi dell’opinione pubblica un efferato serial killer, a cui vengono attribuiti violenze sessuali e almeno sei omicidi brutali. Ma non bastava: le sue vittime, in genere prostitute, venivano poi mutilate, sezionate, seppellite, in una spirale di orrore che poi viene ricostruita nei dettagli nel corso dei processi. Ma andiamo con ordine. 

Il rapimento di Gabriele Musger

La perversa attività criminale di Stevanin viene a galla il 16 novembre del 1994, quando lui, 34enne, abborda e carica in auto l’austriaca Gabriele Musger, una prostituta, alla quale offre soldi per avere rapporti sessuali e per poterle scattare delle foto. Una volta a casa sua lo scenario cambia radicalmente: la donna subisce ore di minacce, violenze sessuali e sevizie. Tenta invano la fuga e alla fine per salvarsi la vita dice a all'aggressore che gli avrebbe dato tutti i propri risparmi (circa 25 milioni di lire) se l'avesse lasciata andare. Stevanin accetta ma nel tragitto per andare a prendere il denaro Musger riesce a scendere dalla macchina per andare verso una volante della polizia e denunciare il suo aggressore. La polizia arresta Stevanin per violenza sessuale, tentata estorsione e possesso di una pistola giocattolo priva del tappo rosso. La perquisizione della sia casa, però, rivela un retroscena sconvolgente. 

La casa degli orrori

Durante le perquisizioni, infatti, gli inquirenti trovano di tutto: tra santini e immagini religiose c’è materiale pornografico, libri di anatomia, scatole contenenti peli pubici (in seguito dirà che voleva usarli per farsi un cuscino) e uno schedario contenente le informazioni su tutte le sue partner. E ancora, oltre 7.000 fotografie scattate personalmente da Stevanin alle sue partner. La polizia inizia a sospettare che Gianfranco Stevanin non sia solo un maniaco. In casa infatti vengono rinvenuti anche gli oggetti di una donna, Biljana Pavlovic, di cui non si avevano più notizie dall'agosto 1994, e di Claudia Pulejo. Entrambe erano anche citate negli schedari di Stevanin.

La scoperta del primo cadavere 

La giustificazione di Stevanin (i vestiti erano solo un pegno d'amore che le ragazze gli avevano lasciato) cade definitivamente il 3 luglio 1995 quando un agricoltore di Terrazzo trova in un terreno vicino alla casa di Stevanin un sacco contenente i resti di un cadavere. Stevanin viene sospettato di omicidio e il magistrato invia delle ruspe per cercare altri corpi. Il 12 novembre 1995 venne ritrovato il corpo di un'altra donna: era Biljana Pavlovic, 25enne di origine serba. Il primo dicembre 1995 venne ritrovato il terzo corpo, quello di Claudia Pulejo, una tossicodipendente di Verona. 

Le altre vittime 

A Stevanin vengono attribuiti anche gli omicidi di una prostituta austriaca, Roswitha Adlassnig, presente nelle foto di Stevanin e nel suo schedario, di cui non si avevano notizie da mesi (e il cui corpo non è mai stato trovato), e di un'altra donna mai identificata, fotografata durante un atto sessuale mentre era apparentemente priva di vita. Il 24 settembre 1996 (dopo la parziale confessione di Stevanin) viene ritrovato nell'Adige un altro cadavere non identificato; anche questo delitto viene attribuito a Stevanin. Dopo l'esame del DNA, il cadavere venne riconosciuto come quello di Blazenca Smolijo, una prostituta di origine croata.

Il processo

Il 19 luglio 1996 Stevanin confessa dicendo di aver smembrato i cadaveri di quattro donne, ma che l’omicidio delle ragazze non era premeditato: sarebbero morte durante rapporti sessuali estremi o, nel caso della Pulejo, per overdose di eroina. Riguardo al cadavere non identificato, sostiene che si trattava di una studentessa di cui non ricordava né nome né volto e dice di averla incontrata solo tre o quattro volte.

Stevanin viene dichiarato processabile e capace di intendere e volere. Al contrario la difesa punta a dimostrare che tutti i suoi disturbi e il comportamento violento siano da ricondurre a un gravissimo incidente di moto la cui cicatrice aveva ben visibile sulla testa. La prima sentenza della Corte d'Assise di Verona, il 28 gennaio 1998, condanna Gianfranco Stevanin all'ergastolo, di cui tre anni in totale isolamento diurno. Nel gennaio 1999, Stevanin vende la casa e tutti i terreni di proprietà per risarcire parzialmente le famiglie delle vittime. Il 7 luglio 1999 la Corte d'assise d'appello di Venezia assolve l'imputato dall'accusa di omicidio perché incapace di intendere e volere e lo condanna a 10 anni e mezzo per occultamento e vilipendio di cadavere. La prima sezione della Corte di Cassazione di Roma annulla poi per “illogica motivazione” la sentenza, rinviando a una nuova sezione di appello il riesame del caso. La sentenza definitiva arriva il 23 marzo 2001: la Corte d'appello di Venezia dichiara che Gianfranco Stevanin è in grado di intendere e volere, motivo per cui viene automaticamente confermata la condanna all'ergastolo. Anche la Corte di cassazione confermò l'ergastolo, respingendo le istanze della difesa. Il primo settembre 2010 dichiara alla stampa di non ricordare niente degli omicidi e afferma l'intenzione di diventare frate francescano laico a causa anche della morte della madre, emulando così il caso avvenuto settant'anni prima, quando a diventare francescano fu Alessandro Serenelli, assassino di santa Maria Goretti.

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