Genova, crollo del ponte Morandi: l’allarme del Politecnico

"Anomalie registrate in 10 giorni. Sono le stesse tecniche con cui sorvegliamo il Duomo"

I monconi del ponte Morandi di Genova (NewPress)

I monconi del ponte Morandi di Genova (NewPress)

Milano, 18 agosto 2018 - Il 3 ottobre  dello scorso anno una mail arriva al Politecnico di Milano: mittente la Spea, la società d’ingegneria di Autostrade per l’Italia. «C’è stata commissionata un’indagine sui piloni 9 e 10 del ponte Morandi di Genova, nell’ambito della progettazione di un intervento di consolidamento», conferma Stefano Della Torre, direttore del dipartimento “Abc” del Politecnico, ovvero di Architettura, Ingegneria delle costruzioni e Ambiente del costruito. «Il 12 ottobre eravamo già sul ponte a lavorare – sottolinea Della Torre, calendario alla mano –. Quello che era stato chiesto al mio dipartimento e, nello specifico, al professore Carmelo Gentile, uno dei massimi esperti mondiali in questo tipo di indagini, era la caratterizzazione dinamica della struttura. Posizionando dei sensori si è in grado di misurare le microvibrazioni a fronte di un evento qualunque, che può essere il traffico, il vento».

Si analizza il modo con cui il ponte reagisce alle sollecitazioni per descrivere la struttura e si forniscono informazioni utili. «Questo era il nostro unico compito – sottolinea il direttore del dipartimento – che abbiamo svolto in tempi rapidi». Il verdetto 10 giorni dopo evidenziava «anomalie» proprio sul troncone crollato martedì. «Nello svolgimento del nostro lavoro abbiamo mostrato un comportamento anomalo – continua il professore –: elementi simili dimostravano un comportamento differente, e questo è stato interpretato come un campanello d’allarme, solitamente indica una perdita di efficienza dovuta a degrado o corrosione. Abbiamo segnalato subito l’importanza di mettere l’infrastruttura sotto osservazione continua». L’ultimo compito del Politecnico si chiuse così. «Noi siamo dei tecnici – sottolinea Della Torre –. È come quando si va dal medico: la strumentazione dice che il paziente ha la tosse e devi approfondire con ulteriori esami per capire causa e gravità». La stessa indagine è stata svolta recentemente sempre dal Politecnico sul ponte di ferro di Paderno d’Adda e in Sicilia. «Ed è la stessa tecnologia che usiamo sul Duomo di Milano e sulla basilica di Santa Maria di Collemaggio con l’Università dell’Aquila. Estesa su larga scala consentirebbe a tempi e costi ragionevoli di avere un primo screening delle opere. Evidentemente il problema spesso poi è nella catena di decisioni, cosa fare e in quali tempi».

Un giovanissimo  professor Gentile aveva partecipato anche al collaudo della prima “stampella” del Ponte Morandi 25 anni fa quando il Politecnico di Milano, col professore Martinez, fu incaricato di creare l’esoscheletro del primo pilone. Studiò l’intervento anche il collega Pier Giorgio Malerba, esperto di Bridge Theory, ora chiamato dai sostituti procuratori Massimo Terrile e Walter Cotugno, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio, a far luce sulla tragedia in qualità di super perito, analizzando i due monconi del ponte Morandi rimasti in piedi e ora sotto sequestro.

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