Galli e Veronesi fuori e delusi Zecchi guarda al rientro nella Cultura

L’assessore non nega la batosta (solo 500 preferenze). Il direttore d’orchestra figlio dell’oncologo non si pente di avere cambiato casacca, dalla lista Sala a Fratelli d’Italia: "È il partito della positività"

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Non entra nel Consiglio regionale della Lombardia il direttore d’orchestra Alberto Veronesi (figlio dell’oncologo Umberto Veronesi), candidato con Fratelli d’Italia. Fuori pure il filosofo Stefano Zecchi, anche lui schierato per il partito di Giorgia Meloni. E tra le “vittime“ illustri del sistema delle preferenze c’è anche quello dell’assessore uscente alla Cultura, Stefano Bruno Galli, per la Lega. L’ex assessore Galli ammette: "Che sia stata una sconfitta non lo metto in discussione: i numeri parlano chiaro con circa 500 preferenze. Forse pesano anche scelte negli anni del mio assessorato che però rivendico con orgoglio: non alimentare una miriade di associazioni, attraverso iniziative che generano consenso, ma investire sul patrimonio culturale, dal Vittoriale al Duomo con la candidatura come bene dell’Unesco". E adesso?

"Rimango un soldato fedele e a disposizione. Ma un lavoro ce l’ho, contrariamente all’80% della classe politica. La mia indipendenza è un punto di forza e di debolezza", dice Galli che è docente di Storia delle Dottrine Politiche alla Statale. Il professor Zecchi, ex assessore alla Cultura della giunta Albertini, vede invece il bicchiere mezzo pieno: "Francamente sono contento. Il risultato è al di sopra delle mie più rosee aspettative. Non avrei mai immaginato di prendere tutti quei voti". 912 preferenze, per la cronaca. Una sorta di "allegria di naufragi" che però potrebbe essere giustificata dalla speranza di un portone che si apre: il filosofo è fra i profili più accreditati per occupare la poltrona dell’assessorato alla Cultura: "Essere assessore alla Cultura in una regione importante e grande da un punto di vista socio-economico, culturale, scientifico sarebbe un onore, non certo un sacrificio".

Il direttore d’orchestra Veronesi non nasconde l’amarezza per non avercela fatta, nonostante i 1.077 voti: "Il partito (Fdi ndr) è molto strutturato e ha candidato rappresentati presenti nelle istituzioni da anni. Sono persone radicate nel territorio, capaci di creare consenso anche sul nome, molto più di personaggi della cultura come me o Zecchi che hanno dalla loro un voto d’opinione che, in questa tornata elettorale, si è speso poco, data la bassa affluenza. Chi non è militante di partito o non ha una chiara appartenenza politica ma è libero pensatore magari questa volta non è andato neanche a votare". Veronesi però non si pente di aver cambiato "casacca", passando dalla lista in appoggio a Beppe Sala al partito della premier Meloni: "Penso che Fratelli d’Italia sia il partito di cui ha bisogno l’Italia, quello del sì, del fare, della positività". Annamaria Lazzari

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