
di Giambattista Anastasio e Nicola Palma
Coinvolti nella stessa operazione. Fermati lo stesso giorno, il 28 gennaio 2019, e poi arrestati di nuovi insieme il 19 febbraio, a valle dell’inchiesta "Ossessione" della Dda di Catanzaro su un maxi traffico di droga orchestrato da esponenti della ’ndrina Mancuso di Limbadi. E lo stesso giorno, il 28 marzo scorso, sono usciti dal carcere di Voghera, dov’erano reclusi in attesa del giudizio in abbreviato, rito per il quale entrambi hanno optato. Carlo Cuccia e Davide Bosco sono due dei 376 detenuti mandati ai domiciliari o affidati in prova ai servizi sociali, come da elenco che il Giorno ha potuto consultare, per l’emergenza coronavirus e per la conseguente esigenza di ridurre il sovraffollamento nelle carceri al fine di limitare il più possibile il rischio di contagio.
Dai penitenziari lombardi, in particolare, ne sono usciti 41 (38 ai domiciliari e 3 affidati in prova): in tre casi, la segnalazione è arrivata direttamente dalla direzione del carcere, in tutti gli altri le istanze sono state presentate dai legali o dai detenuti stessi. Il nome di Cuccia era finito sotto i riflettori più di altri nei giorni del blitz "Ossessione" per via del suo passato da attore in "Gomorra": in particolare, il quarantenne nativo di Tradate, in provincia di Varese, è comparso in uno degli episodi della serie televisiva sui clan camorristici nel ruolo di “specchiettista“, colui che ha il compito di segnalare la presenza dell’obiettivo da colpire in occasione di agguati. Nella realtà, secondo quanto ricostruito dai militari della Guardia di Finanza coordinati dai magistrati Nicola Gratteri e Annamaria Frustaci, Cuccia avrebbe fatto da mediatore tra i luogotenenti dei Mancuso e i fornitori marocchini di hashish nel corso della trattativa messa in piedi per acquistare tre tonnellate di droga dal Nordafrica via Spagna. E chi c’era in Spagna a fare da intermediario? Vito Jordan Bosco, fratello di Daniele, l’altro scarcerato da Voghera. Daniele detto "Dado", legato al gruppo ultrà varesino Blood&Honour, era amico fraterno di Daniele "Dede" Belardinelli, il trentanovenne che partecipò alla guerriglia tra interisti e napoletani la sera del 26 dicembre 2018 in via Novara e che fu travolto dalla Renault Kadjar guidata, secondo gli investigatori, da Fabio Manduca.
"Dado" e "Dede" erano uniti dalla comune militanza per il gruppo vicino all’estrema destra B&H (sciolto nel maggio 2019) e dalla passione per le arti marziali. Pure Bosco, 42 anni, era legato, stando alla ricostruzione degli inquirenti, ai fratelli Costantino, i presunti capi dell’associazione a delinquere legata alle ’ndrine. A proposito di ’ndrine, il 28 marzo è stato messo ai domiciliari da Voghera anche Salvatore Cuturello, condannato in primo grado a 10 anni e 4 mesi per detenzione e vendita di armi comuni da sparo e armi da guerra e per il tentato acquisto di stupefacenti aggravato dalla modalità e agevolazione mafiosa: secondo la sentenza della Cassazione, che nell’ottobre 2019 aveva respinto la sua istanza contro il "no" ai domiciliari della Corte d’Appello di Reggio Calabria nel 2018, il quarantanovenne di Nicotera, nel 2014, partecipò a una trattativa per la compravendita di 68 armi da guerra (tra cui bazooka, kalashnikov e skorpion), "svolgendo un ruolo predominante, avendo contattato i fornitori e avendo operato quale mediatore tra questi ultimi e gli acquirenti"; senza dimenticare il "ruolo primario nella trattativa, successivamente non conclusa per cause indipendenti dalla sua volontà, per l’acquisto di una partita di cocaina e marijuana, al fine di agevolare la locale associazione per delinquere di tipo mafioso, definita “la ‘ndrangheta di Cinquefrondi“".
Il primo aprile è stato il turno di Antonio Farina detto “Antonello“, cinquantaseienne di Vibo Valentia, finito nell’inchiesta sulla cosiddetta "banca clandestina delle cosche" a Seveso, in Brianza: titolare della Lu.Ma.Group, società di autotrasporti, fu arrestato nel 2014 nell’ambito del blitz antimafia che portò in carcere pure Giuseppe Pensabene, considerato al vertice della locale di Desio; nel settembre del 2017, sono arrivate le condanne definitive della Cassazione per quasi tutti gli imputati di quel procedimento, compreso Farina. Altra operazione anti ’ndrine, altro scarcerato: stavolta stiamo parlando di Francesco Maiuolo, ai domiciliari dal 19 marzo, condannato a poco meno di 8 anni di reclusione in abbreviato nel processo ai componenti del gruppo criminale legato alla cosca Gallace di Guardavalle e radicato ad Arluno, in provincia di Milano.