Morte Fiorenza Rancilio, quando il fratello Augusto venne rapito a Cesano Boscone

Il 2 ottobre del 1978 il blitz a colpi di pistola di una banda di sequestratori calabresi. L’allora 26enne non fu mai più ritrovato: l’omicidio durante il tentativo di fuga

L'immagine di Augusto Rancilio pubblicata dal Giorno dopo il rapimento nel 1978 e il palazzo di Milano dove è morta la sorella

L'immagine di Augusto Rancilio pubblicata dal Giorno dopo il rapimento nel 1978 e il palazzo di Milano dove è morta la sorella

Era il 2 ottobre del 1978, quarantacinque anni fa, quando Augusto Rancilio, fratello di Fiorenza, la donna trovata morta in casa oggi in via Crocefisso a Milano, e figlio dell’immobiliarista Gervasio, venne rapito a Cesano Boscone da una banda di sequestratori legati alla ‘Ndrangheta. Aveva solo 26 anni: non ha più fatto ritorno casa, probabilmente ucciso dai suoi carcerieri durante un tentativo di fuga. Il suo corpo non fu più ritrovato. Il blitz avvenne nel cantiere dove il padre, 85enne all’epoca dei fatti, stava realizzando un complesso di edifici, dopo una lunga querelle con il Comune passata alla storia per i palazzi fatti saltare in aria con la dinamite per volere del sindaco.

Padre e figlio, raccontano le cronache, erano appena scesi da una Peugeot 604 quando da un camioncino scendono i banditi che prelevano con la forza l’inerme Augusto mentre arrivano altre due auto con a bordo i complici armati di mitra e pistole. Papà Gervasio prova a reagire ma viene buttato a terra e picchiato. Il commando si allontana con l’ostaggio mentre un geometra di Rancilio, Giovanni Tucci, spara inutilmente dei colpi di pistola. Due ore dopo l’agguato, Gervasio è seduto alla sua scrivania di via Crocefisso a Milano, proprio dove è oggi morta la figlia. Dovrebbe essere sconvolto ma ai cronisti appare sereno tanto da occuparsi di lavoro tra una telefonata e una firma. “C’è un’impresa da mandare avanti”, qualcuno riferirà di aver sentito. All’altro figlio, Cesare, che lo chiama da Parigi, chiarisce subito che i soldi per il riscatto non ci sono. “Macché soldi, siamo senza scarpe noi...hanno scelto il buco sbagliato. Ho dovuto vendere due appartamenti per pagare il fisco”. Per colpa della disputa per i palazzi di Cesano, Gervasio, che parla con accento lombardo e inflessione francese, avendo vissuto a Parigi, si proclama povero ed esclude contatti con i rapitori. “Quei banditi? Sembravano bravi ragazzi, erano poco convinti. Eseguivano ordini. Potevano spararmi e non lo hanno fatto. Comunque si sono sbagliati, io non ho un soldo”. Nessun riscatto verrà infatti pagato. Fu poi il collaboratore di giustizia Saverio Morabito a rivelare che il povero Augusto fu trasferito in Calabria, dopo una breve prigionia in provincia di Milano, e infine ucciso durante un tentativo di fuga.  

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