"Fanno 720mila euro" Il padel alla Barona e i conti di Molluso Poi il blitz dei ghisa

Il nipote del boss Giosofatto: "Dietro c’è un business infinito...". L’intervento della polizia locale per le mancate autorizzazioni. e la telefonata di Paolo Gatti in Comune per lamentarsi dei controlli

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di Francesca Grillo

"Allora, facciamo bene i conti. Ogni ora e mezza ci sono quattro giocatori in campo. Pagano 15 euro ciascuno. Quindi 60 euro ogni giocata. Facciamo cinque, sei giocate al giorno, sono più di 300 euro a campo. Metti 300 giorni, sono 90mila euro, moltiplica per otto campi e fanno minimo 720mila euro". Marco Molluso, 39 anni, di Buccinasco, fa i conti con il suo commercialista. "Dietro sti padel c’è un business infinito, per i prossimi otto, dieci anni è tutto a salire", ammette, sempre intercettato. Aveva capito che l’investimento andava fatto subito, per sfruttare l’altissima richiesta dei campi per questo sport diventato ormai di moda. Aveva organizzato tutto, attraverso una frode (da un milione e mezzo di euro) ben studiata, con l’emissione di fatture false da parte delle sue società "MC Immobiliare" e "MM Sport" di Buccinasco. Al telefono con gli amici si vantava di aver investito 700mila euro: "Ne ho fatti otto", dice a un amico procuratore sportivo. Che gli risponde: "Sei un signore, l’anno prossimo prendi in mano la Lombardia". I campi erano all’interno del centro sportivo comunale Sant’Ambrogio di via De Nicola, alla Barona, affidato dal Comune in concessione alla Palauno asd formalmente rappresentata da Fabrizio Tognoli ma amministrata dai fratelli Paolo e Davide Gatti (il primo un noto personaggio nel panorama della gestione dei centri sportivi milanesi, scuola calcio Milan e socio di maggioranza della Polisportiva Lombardia Uno) e da Paolo Giuliano (precedenti per bancarotta).

Tutto abusivo, tutto senza autorizzazioni. I fratelli Gatti avevano un permesso a costruire due campi da padel, non otto come nei piani di Molluso, ma erano certi di ottenere una sanatoria: Paolo, intercettato, dice che gliel’hanno assicurato dal Comune, che c’è un aggancio, una corsia preferenziale con direttori e capi ufficio e mostra anche una certa disinvoltura quando chiama al telefono un assessore per lamentarsi dei controlli nel centro sportivo. A rovinare i piani di Molluso arrivano infatti gli accertamenti della polizia locale. Davanti agli agenti, l’imprenditore, ex calciatore dilettante e allenatore della Castanese di Castano Primo, si tradisce: cita una delle sue società che non risulta nelle carte degli accordi per realizzare i lavori con la Palauno. Iniziano i problemi, e questa volta lo zio Giosofatto Molluso, boss già condannato e finito in diverse inchieste di ‘ndrangheta, non può risolvere, come invece aveva fatto con le questioni relative alla costruzione dei campi, aggiustando perdite, infiltrazioni e avvallamenti nei terreni.

Un contributo che ha tolto ogni dubbio sulla sua partecipazione alla costruzione di quei campi abusivi. Le indagini della Dia, dirette da Nicola Bia e coordinate dai magistrati della Dda Alessandra Dolci e Silvia Bonardi, mettono in luce "un quadro allarmante – come sottolinea il gip Anna Calabi –, emergono le spiccate capacità imprenditoriali ed economiche di Molluso, che può avvalersi anche di una platea di soggetti che si muovono negli ambienti della criminalità organizzata". Molluso è finito ai domiciliari per emissione di fatture false e autoriciclaggio. Rimane da chiarire la posizione del suo "socio", un finanziatore pluripregiudicato di Corsico, che si è trasferito in Portogallo a gestire i suoi affari e che aveva investito nel progetto del trentanovenne.

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