
Una scienziata analizza piante al microscopio per esami sul dna
Milano, 12 agosto 2015 - «Aumentare le risorse destinate alla ricerca, al trasferimento dei suoi esiti, alla formazione e alla comunicazione». È uno degli impegni della Carta di Milano, il documento che l’Esposizione universale lascerà in eredità con i suoi principi per la lotta alla malnutrizione e agli sprechi di cibo. Tuttavia secondo l’Associazione nazionale dei biotecnologi italiani (Anbi) proprio l’Italia tradisce per prima il manifesto che ha promosso a livello mondiale, poiché ha seppellito la ricerca pubblica sugli organismi geneticamente modificati. Tanto che Daniele Colombo, presidente dell’associazione che riunisce 1.500 professionisti dei 15mila biotecnologi in Italia, ha preso carta e penna e scritto al premier Matteo Renzi e al ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, per spezzare la cortina del silenzio calata sugli ogm. «Fino a 15 anni fa, i nostri ricercatori potevano lavorare, sperimentare e proporre nuove soluzioni per la nostra agricoltura, e l’Italia aveva saputo raggiungere un’eccellenza riconosciutale globalmente in questo settore – è il messaggio –. Oggi un buon progetto, nato tra le mura delle nostre università o dei nostri centri di ricerca, sa già, a prescindere, che non potrà mai uscire da un laboratorio se prevede l’uso di ogm».
La conseguenza, si legge tra le righe, è il rischio di un sorpasso a sinistra da parte delle altre nazioni. «Come Italia non stiamo facendo ricerca sulle cose che ci servono», insistono dall’Anbi. Ad esempio sul riso Carnaroli, varietà datata agli anni Quaranta del secolo scorso e mai più evoluta, che soffre però gli attacchi dei patogeni, come il brusone. Dal 2012, d’altronde, in Italia non esistono più campi sperimentali dove si possano impiantare specie ogm per la ricerca. E nel frattempo, come ha ricordato in una recente lettera al ministro Martina la senatrice a vita Elena Cattaneo, biotecnologa a sua volta, ogni anno il Belpaese importa quattro milioni di tonnellate di soia geneticamente modificata per foraggiare gli allevamenti di bestiame. Per l’Anbi serve «una politica che sappia mettera la centro delle sue decisioni la scienza e che non la pieghi a posteriori ai suoi desiderata», anche su dossier come le cellule staminali e le vaccinazioni. Specchio di questo stallo sugli ogm, osservano dall’associazione, è proprio Expo, «dove se ne parla tra ricercatori, ma la massa delle installazioni finge che la questione non esista. Ci piacerebbe che il tema fosse più rappresentato, ad esempio nel Padiglione Zero sull’innovazione rivolta al futuro».
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