Il funambolo evaso dal Beccaria: nei guai tre guardie carcerarie

Accusati di scarsa vigilanza. Ma il cancello non doveva esserci di MARINELLA ROSSI

La distribuzione del pane al Beccaria

La distribuzione del pane al Beccaria

Milano, 22 dicembre 2015 - È come Fantomas, volatilizzato. Dell’albanese volato su e giù da otto-nove metri di muro di cinta non c’è traccia. A terra, e inguagliate, restano le guardie. Accusate, o meglio, deferite al Consiglio distrettuale di disciplina, organismo disciplinare mediano (appena sotto il consiglio centrale) per procurata evasione. Certo, i tre agenti, gli unici che nella mattina di domenica avevano in carico ogni movimento dentro l’istituto penale minorile Cesare Beccaria, non son sospettati di aver procurato volontariamente l’evasione del giovanissismo uomo ragno, ma rispondono della colpa di non aver sufficientemente e accuratamente vigilato. Volano gli stracci, e si perdoni la formula frusta, al Beccaria. Dopo che nella domenica di sole, tra le 9 e 15 e le 10, dei dodici detenuti accompagnati all’ora d’aria in uno dei “passeggi” del carcere minorile, si è volatilizzato uno.

E deferiti con un provvedimento della dirigente del Consiglio di giustizia minorile, Flavia Croce, sono il capoposto di turno, la guardia che ha fisicamente accompagnato i ragazzi all’ora d’aria, e la cosiddetta “disponibile”, l’agente messo cioè a rimpiazzo eventuale per emergenze. Tre per otto ore, sui quarantacinque che complessivamente gestiscono tutti i turni sulle ventiquattro ore, e tre che dovevano accompagnare ai “passeggi”, alla messa, in infermeria, alle attività.

Di quei tre uno solo era nel cortile a cielo aperto, dove una telecamera (delle dodici esistenti non ne funzionano quattro, di cui due sono sull’ingresso di via Calchi Taeggi) rivela ora i movimenti dei dodici ragazzi e, in particolare, i movimenti di L.R., l’albanese diciassettenne, al Beccaria da due mesi per droga. Lo si vede avvicinarsi lungo il muro, mentre gli altri distraggono con finte liti e schiamazzi la guardia, quindi finire risucchiato nell’angolo cieco della telecamera e che corrisponde alla fine del muro e all’inizio di quel cancello, che là non ci dovrebbe essere. Là che L.R. scompare. La sua unica via di fuga, salito da lì, è percorrere i muri di cinta fino al tetto della palestra da cui può essersi calato a terra - terreno morbido, vegetazione, campi coltivati di via Zurigo. Dove probabilmente c’è chi lo aspetta e lo aiuta ad attutire la caduta.

Il cancello, allora, dove L.R. si arrampica senza difficoltà: è stato “ritagliato” circa quattro anni fa dal muro per consentire ai camion della ditta di ristrutturazioni di entrare e uscire. Ma la ristrutturazione è ferma, gli operai se ne sono andati, la ditta fallita e una nuova gara d’appalto non ancora indetta (e questa è un’altra storia). Le guardie ne denunciano la criticità di quel cancello (e di altre) con 39 relazioni di servizio. Ma non una è stata ascoltata.

marinella.rossi@ilgiorno.net

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