Escort rapinata, due arresti: pendolari del crimine dalla Romagna a Milano

Fissato un appuntamento, picchiarono e minacciarono la giovane squillo. Le immagini della telecamere condominiali confrontate con i profili Facebook

Escort (Foto di repertorio)

Escort (Foto di repertorio)

Milano - Avevano rapinato, picchiato e sequestrato in casa sua una giovane escort russa fingendosi clienti. E poi l’avevano minacciata pesantemente, dicendole che se avesse presentato denuncia senza lasciare immediatamente l’Italia, avrebbero "ucciso i suoi familiari" per mezzo di complici in Russia. Sono stati incastrati anche grazie a un video da loro “postato“ su Facebook.

Su ordine del gip Guido Salvini sono stati arrestati un cittadino russo, 32 anni, residente a Riccione e un georgiano 45enne di Rimini, quest’ultimo con precedenti specifici, che nella ricostruzione degli investigatori nel giugno scorso arrivarono a Milano dalla Riviera romagnola come pendolari del crimine. Una spedizione, scrive il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare, per prendere di mira "una donna sola e indebolita dall’essere stata aggredita tra le mura della propria abitazione". Vittima che, aggiunge, "veniva evidentemente scelta con cura" in quanto "nell’ottica degli aggressori avrebbe forse coltivato più di una riserva prima di rivolgersi alle istituzioni spesso inclini al pregiudizio suscitato dalla condizione di straniera e di escort".

Il russo, con un cellulare attivato appositamente in vista della rapina, aveva contattato la escort: si era accomodato a casa sua e, dopo essersi accertato che non ci fosse nessun altro, le aveva detto di non voler più avere un rapporto sessuale facendosi accompagnare alla porta. A quel punto era entrato il complice. La donna era stata picchiata (anche con un pugno in pieno volto) e i due avevano cercato di soffocare le sue urla con un cuscino: poi l’avevano legata al letto con del nastro adesivo, rubando ciò che di valore c’era in casa: anelli, orologi, portafoglio di marca, occhiali da sole e alcune migliaia di contanti.

Poche ore dopo, con la scheda telefonica della vittima avevano contattato sua sorella su WhatsApp rinnovando le minacce. Le indagini della Polizia erano partite dai tabulati del cellulare con il quale uno dei due rapinatori aveva contattato la escort la prima volta, e si erano quindi estese ai soggetti da lui contattati in seguito. Poi le immagini delle telecamere di videosorveglianza del palazzo avevano consentito di individuare i profili dei due soggetti che avevano fatto ingresso nello stabile in un orario contabile con i fatti.

Le ulteriori indagini sul cellulare con le tecniche della Polizia scientifica e anche il confronto tra le immagini delle telecamere e quelle dei sospettati sui loro profili social hanno consentito infine di individuarli. In particolare, meno di una settimana prima della rapina, il georgiano aveva “postato“ su Facebook un video in cui l’altro lo riprendeva alla guida di una Panda. Il russo, poi, girava la telecamera verso se stesso e lo si vedeva con addosso un paio di occhiali da sole che erano uguali a quelli descritti dalla vittima dell’aggressione. Gli investigatori scoprirono anche che pochi giorni prima della rapina i due sopettati avevano trascorso una notte in un hotel in zona stazione Centrale.

Nell’ordine di custodia per rapina pluriaggravata, il giudice precisa che "non avendo la vittima sporto querela e considerata la “riforma Cartabia“ recentemente entrata in vigore, gli ulteriori reati di violenza privata e sequestro di persona che potrebbero essere ravvisabili nella vicenda sono allo stato da considerarsi non perseguibili per carenza di condizione di procedibilità".

 

 

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