Elena
D’Incerti*
Giornata di orali: si parte con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia, perché la burocrazia richiede tempo e attenzione. Al candidato che rompe il ghiaccio viene proposto un documento relativo alla terapia genica: materiale di carattere scientifico, che al liceo classico non è mai particolarmente gradito. Noi però riteniamo si presti a una chiacchierata ampia e interessante. Qual è il percorso-tipo di questi colloqui? Spesso un po’ forzato, praticamente mai come lo immaginiamo noi prof scegliendo immagini e testi. Lo studente inizia con le staminali individuando in “frammentazione” il concetto chiave e così, dopo essere passato spericolatamente alla clonazione, si sposta sulla scomposizione dell’interiorità di Freud, di Pirandello, di Oscar Wilde. Poi di soppiatto la parola chiave del suo discorso diventa “crisi” e con salto carpiato triplo, eccoci tutti al Louvre sulla zattera della Medusa. Le lancette scorrono: il candidato, che ha ormai la fronte imperlata di sudore, ci porta al reducismo postbellico, a Edipo, alla crisi dell’eloquenza antica. La sua acrobazia finisce con una breve disamina su Marie Curie, vittima della misoginia dell’establishment scientifico del suo tempo. Nell’arco della mattinata non mancano gli spunti interessanti, specialmente quando gli studenti parlano delle esperienze maturate in attività extra-disciplinari: c’è chi ha ideato un e-bin che differenzia i rifiuti per mezzo di un sensore, chi ha lavorato all’Eurovision Song Contest, chi ha riflettuto sulla decostruzione del mito per studiare il mondo classico da prospettive nuove. Decollati dalla genetica e atterrati sul Satyricon (quello di Petronio, non quello di Fellini), alla fine ci chiediamo: abilità del candidato? Pretestuosità nozionistica dei collegamenti? O insensatezza dell’esame?
* Docente liceo Beccaria