
Stefano Savasta
Milano, 21 novembre 2014 - La fuga di Stefano Savasta, condannato all’ergastolo anche in appello, con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del rivale in amore, Stefano Cerri, è finita ieri, alla stazione di Verona Porta Nuova. Savasta è stato stroncato da un infarto, si è accasciato ed è morto sul colpo, prima che arrivasse l’ambulanza. Ha tentato di aiutarlo una persona che era sulla stessa banchina in attesa del treno diretto per Bologna, ma è stato tutto inutile. Stefano Savasta era già morto. Nessuno sapeva che quell’uomo era un ergastolano in fuga. Proprio lui, infatti, era appena uscito dalla casa di Sirmione dove stava scontando i domiciliari dopo che la settimana scorsa la Cassazione aveva confermato la condanna all’ergastolo.
L'allarme per l’evasione era scattato l’altra mattina alle 9.30 quando i carabinieri erano andati a verificare che fosse a casa e invece non avevano trovato nessuno. Savasta avrebbe avuto comunque le ore contate, perché erano già scattate le ricerche. É morto prima di riuscire a fuggire e anche prima che i carabinieri lo trovassero. La sua storia e il delitto passionale da lui commesso con l’aiuto di tre complici, avevano impegnato le cronache per mesi. Stando alle indagini, condotte allora dal pm Antonio Sangermano, Cerri, imprenditore in rapporti d’affari con Savasta e suo «rivale» in amore, venne prelevato fuori dalla sua ditta in via Gratosoglio il 10 dicembre del 2008, caricato su un furgone e ucciso a picconate.
Il suo corpo sarebbe stato fatto sparire, presumibilmente sciolto nell’acido. Il movente del delitto, secondo la ricostruzione, era la gelosia per Ivana, sua ex dipendente che, dopo una relazionedurata circa 15 anni, lo aveva lasciato per Cerri. Lui non sopportava di vedere tra le braccia di Cerri quella che considerava ancora la sua donna. E aveva promesso più volte, così aveva raccontato la sua ex amante Ivana S., che l’avrebbe fatta pagare cara a chiunque si fosse avvicinato a lei. Gli inquirenti dubitarono fin dal primo momento di Savasta.