Ergastolo a Modugno La Cassazione: "Uccise per rapina l’ex vicina"

Il 17 agosto 2017 entrò in casa della pensionata 73enne Antonietta Migliorati e la massacrò nel bagno per portarle via alcuni gioielli e pochi contanti

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di Roberta Rampini

Ergastolo confermato anche in Cassazione per Renato Modugno, 54 anni, accusato dell’omicidio di Antonietta Migliorati, pensionata di 73 anni uccisa nel suo appartamento di via Belvedere a Rho il 17 agosto 2017. La decisione è arrivata al termine dell’udienza che si è svolta mercoledì a Roma. L’omicida era stato condannato in primo grado dalla Corte d’assise, in appello e ora anche l’ultimo grado della giustizia ha riconosciuto tutte le accuse. Ex vicino di casa della pensionata, Modugno aveva un disperato bisogno di soldi perché la banca gli aveva negato un prestito, quel giorno aveva massacrato la pensionata con nove coltellate e le aveva rubato la fede nuziale, una collanina, un bracciale e un solo orecchino. Poi era scappato.

Ci sono voluti sei mesi e mezzo di indagini per dare un nome all’assassino, anche se fin dall’inizio i sospetti erano su di lui. Modugno, con precedenti risalenti a metà degli anni ‘80 per rapina e furto, viveva a Varese ma continuava a frequentare la palazzina di via Belvedere, dove viveva l’ex moglie con il figlio. Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Monza e della compagnia di Rho, con il supporto tecnico-scientifico del Ris di Parma, avevano ricostruito gli ultimi minuti di vita della vittima. Attorno alle 16, Modugno si era congedato dall’abitazione dell’ex, che abita al piano sopra la casa di Antonietta.

Poi l’uomo avrebbe dovuto lasciare la palazzina ma, stando anche ai tabulati telefonici, è rimasto nell’edificio per quasi un’altra ora. È stato proprio in quel lasso di tempo che è entrato in casa della donna sfruttando il fatto che l’anziana era solita non chiudere quasi mai del tutto la porta d’ingresso per far passare un po’ d’aria. Dentro, tra i due ci sarebbe stata una colluttazione in sala. Poi, dopo averla tramortita, l’ha trascinata in bagno dove l’uccise colpendola più volte all’altezza delle vertebre cervicali. L’arma non è stata mai trovata. Infine è scappato portando con sé una collana con un ciondolo, un orologio d’oro, un bracciale, un orecchino (l’altro l’ha dimenticato nella fretta) e, probabilmente, anche soldi in contanti. Ora con la sentenza della Cassazione per i figli Stefania e Marco Ripoldi, assistiti dall’avvocato Massimo Proietti dell’Unavi (Unione nazionale italiana vittime), si chiude una terribile vicenda che aveva sconvolto la città.

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