di Andrea Gianni
Prima la proposta, arrivata al titolare di un’autofficina, di "acquistare un credito fiscale derivante da ecobonus, applicando uno sconto pari al 35% sul valore nominale". Quando l’imprenditore, su consiglio del suo commercialista, ha rispedito la proposta al mittente perché "non c’erano le garanzie minime per poter procedere", sono iniziate le pressioni del “venditore“ di crediti. "In una di queste telefonate – ha spiegato agli inquirenti il titolare dell’autofficina – mi riferiva che nel mio cassetto fiscale erano già presenti i crediti e quindi avrei dovuto saldare il debito". Un meccanismo fatto di intrusioni informatiche, falsi lavori, raggiri per creare crediti d’imposta fittizi e manovre per trasformarli in denaro reale venuto alle luce grazie a un’inchiesta della Guardia di finanza di Milano, coordinata dal pm Cristian Barilli e dell’aggiunto Eugenio Fusco. Venivano scelti immobili, probabilmente "a caso", inserendo dati catastali all’insaputa dei proprietari per far figurare lavori di ristrutturazione e riqualificazione energetica in realtà mai avvenuti. Si realizzava così una riserva di crediti d’imposta fittizi per poi passare all’incasso, cercando di "monetizzare". Oltre 14mila edifici segnalati all’Agenzia delle Entrate, tra cui solo 85 realmente esistenti e anche in questo caso risultati estranei ai lavori: dai locali di una parrocchia a Genova a una palestra, condomini, villette e case private.
L’inchiesta ha portato al sequestro in due tranche di crediti d’imposta inesistenti per un valore di 284 milioni di euro. Otto indagati per le accuse contestate, a vario titolo, di accesso abusivo ai sistemi informatici, tentata truffa e truffa ai danni dello Stato. Cinque società coinvolte, senza una reale operatività ma create per mettere le mani su soldi pubblici. "È stato svolto anche un importante lavoro di prevenzione – ha spiegato il procuratore di Milano, Marcello Viola – bloccando un meccanismo che aveva già provocato un danno di 10 milioni di euro per le casse dello Stato". L’inchiesta è nata dalla denuncia presentata dall’intermediario finanziario Confidi Systema, vittima di un tentativo di truffa dopo che aveva trovato inseriti nel proprio cassetto fiscale crediti di imposta ceduti per 50 milioni. Crediti caricati a nome di una società laziale e fatti risultare come "accettati" attraverso una sofisticata intrusione informatica, compiuta probabilmente attraverso il "furto dell’identità digitale" di uno degli amministratori di Confidi.
Gli indagati hanno poi cercato di passare all’incasso, pretendendo da Confidi il pagamento, trasformando i crediti fittizi in denaro con un meccanismo simile a quelle emerso da altre testimonianze, tra cui quella del titolare dell’autofficina. La società si è opposta e, grazie alla denuncia, la Squadra reati informatici della Procura e il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria delle Fiamme gialle (anche attraverso verifiche incrociate con i Comuni) hanno ricostruito l’origine delle agevolazioni fiscali maturate e cedute, facendo emerge una frode più ampia attraverso la dichiarazione all’Agenzia delle Entrate di lavori legati ai bonus in realtà mai effettuati. "La libera disponibilità del credito illecitamente generato – scrive il gip Tommaso Perna motivando il sequestro preventivo dei crediti fiscali – può aggravare le conseguenze del reato di truffa". Un provvedimento d’urgenza su "crediti utilizzabili in qualsiasi momento dagli indagati", anche alla luce degli ultimi interventi del Governo per lo sblocco dei crediti incagliati.