REDAZIONE MILANO

E mille stranieri curano in deroga (fino a fine anno)

Il colpo di spugna sull’obbligo di vaccinarsi dal coronavirus per il personale sanitario, deciso dal governo Meloni a una settimana dal suo insediamento, non è una scelta no vax, assicura chi l’ha presa, ma un provvedimento che, alla luce di un nuovo quadro epidemiologico, "ci consente di rimettere subito al lavoro quattromila persone". Per far fronte, ha aggiunto il neoministro Orazio Schillaci (nella foto), "al problema della grave carenza di personale medico e sanitario negli ospedali, che deriva da una programmazione sbagliata negli ultimi 10 anni, con il ricorso sempre più frequente a medici extracomunitari o a gettone che percepiscono emolumenti pari da 2 a 5 volte quelli dei medici nel Ssn". Se la seconda fattispecie riguarda in particolare i pronto soccorso, dove, ricordano i sindacati come l’Anaao, il problema era pre-esistente, quanto al personale "extracomunitario" il decreto-legge del 17 marzo 2020, emanato due governi fa in piena prima ondata (l’indomani le foto delle bare portate via da Bergamo dove non bastavano più i crematori avrebbero aperto gli occhi al resto d’Italia e del mondo) ha consentito alla Lombardia d’ingaggiare più sanitari dei meno di 700 lavoratori no vax (inclusi gli amministrativi) che potrebbero essere reintegrati da ieri, in anticipo di due mesi rispetto alla scadenza fissata dal governo precedente.

Quel provvedimento permetteva ai professionisti sanitari stranieri in possesso di un titolo di studio e dell’iscrizione all’albo nel proprio Paese di esercitare in Italia in deroga fino a tutto il 2022. In Lombardia sono arrivate molte domande, più del 70% sono state accettate e oggi più di mille stranieri lavorano grazie a quella deroga per la sanità lombarda. Almeno fino a fine anno. Gi. Bo.