GRAZIA LISSI
Cronaca

"Dvoràk, il suo pensiero incompreso Senza di lui non avremmo Gershwin"

Il Maestro Vincenzo Milletarì con l’Orchestra Sinfonica eseguirà la Sinfonia “Dal nuovo mondo”

"Dvoràk, il suo pensiero incompreso Senza di lui non avremmo Gershwin"

di Grazia Lissi

È un inno alla pace e al dialogo, impossibile non amarla. La "Sinfonia n° 5 in mi minore opera 95" (dal Nuovo Mondo) che Antonin Dvoràk compose nel 1893, durante il suo soggiorno negli Stati Uniti verrà eseguita all’Auditorium, Largo Mahler, domani ore 20, venerdì ore 20.30 e domenica alle ore 16. Sul podio dell’Orchestra Sinfonica di Milano il Maestro Vincenzo Milletarì. Nella prima parte del concerto i fratelli Lucas & Arthur Jussen suoneranno in prima esecuzione italiana: "Anka Kusu (La Fenice), Concerto per pianoforte a 4 mani e orchestra" scritto per loro da Fazil Say nel 2020-2021; una pagina musicale travolgente dai ritmi contrastanti e dalle tinte forti. La Sinfonia "Dal nuovo mondo" è una pietra miliare nella composizione sinfonica, fra i brani più celebri del compositore ceco, Milletarì racconta. Maestro, quanto è influenzato Dvoràk dalla musica americana?

"E’ stato un compositore profondamente mitteleuropeo, boemo nello stile e nelle sue caratteristiche compositive. È anche stato il primo musicista a capire che l’America aveva bisogno di una sua musica; da direttore del Conservatorio di New York impose condizioni precise alla società dell’epoca, il suo assistente era afro-americano e, soprattutto, era convinto che la nuova musica degli Stati Uniti dovesse nascere dalla cultura afro-americana, degli indigeni che erano stati soggiogati. Le sue scelte non furono comprese ma il suo pensiero diede le basi al jazz. Senza Dvoràk non ci sarebbe stato Gershwin".

E quanto risente la sua composizione della tradizione europea?

"La sua musica è europea sia negli elementi musicali che nei melodici; l’orchestrazione viaggia fra il progressista Wagner e la tradizione di Brahms".

E’ nato in Puglia, si è formato a Milano. Cosa crede di avere ricevuto da entrambe?

"Sono rimasto a Taranto fino alla fine del liceo, la mia terra è magnifica ma non dà grandi opportunità musicali. Quand’ero studente il Teatro Petruzzelli era ancora chiuso, in Conservatorio avevano eliminato il corso di composizione, mi sono iscritto a Bari e facevo il pendolare. L’Italia è un paese incredibile, tante persone mi hanno sostenuto durante gli studi. Arrivato a Milano sono stato colpito dall’aria internazionale della città, qui ho avuto le mie prime, importanti esperienze musicali, fra cui poter dirigere la Sinfonica".

Quanto la direzione operistica dà alla sinfonica?

"È un grande banco di prova, mi sono formato sulla musica sinfonica, la lirica l’ho imparata sul campo; mi ha insegnato a lavorare sulle voci, il respiro. Tutto questo è fondamentale quando dirigi un’orchestra e vuoi costruire una frase musicale, un fraseggio naturale".

Quali ritiene siano i suoi maggiori maestri?

"Ancora adolescente ho avuto la possibilità di seguire Abbado, sono rimasto affascinato dalla sua personalità carismatica. Mi sono perfezionato in Germania e Danimarca, al rientro in Italia ho studiato con Muti, l’ho seguito anche all’estero, Piergiorgio Morandi con lui ho imparato il repertorio, a vivere il palcoscenico".