Stefania Consenti
Cronaca

Dopo Expo, Rampello: "Milano si è innamorata di se stessa. Ora via a un progetto straordinario"

Il curatore del Padiglione Zero: le università sono la vera risorsa

Davide Rampello

Milano, 2 ottobre 2015 –  Davide Rampello, ideatore e curatore del Padiglione Zero, non è un peccato che fra un mese finisca Expo? Come faremo a riabituarci a una Milano più disadorna? E gli stranieri continueranno a venire? «Dire che è un peccato che finisca Expo è sbagliato. Certo, anch’io che ci lavoro sentirò un vuoto, una mancanza. Ho i miei luoghi preferiti, i miei rituali. In questi sei mesi, e lì trascorro tutta la giornata, mi sono nutrito degli umori e della soddisfazione di tanti italiani e stranieri che hanno determinato il successo di Expo e riscoperto Milano. Abbiamo una città straordinaria. Dobbiamo passare subito al piano B, un progetto altrettanto straordinario che possa servire all’intero Paese. Quanto ai turisti, oggi apprezzano ancora di più il cambiamento di Milano, abbiamo un turismo di qualità». Il progetto per il post Expo c’è già e coinvolge le università, in particolare la Statale... «È perfetto, si faccia, non si perda tempo. Mi rincuora la determinazione del rettore Vago e anche di Azzone, è la prima garanzia di una visione, di una volontà. C’è anche un bellissimo progetto di Andrea Illy, presidente di Alta Gamma che vuol realizzare una scuola di arti e mestieri. E se Francesco Micheli pensa a una “città del suono’’, io dico che l’idea è splendida e si può completare con un altro bel progetto di Mario Lavezzi. Abbiamo l’area fra le più infrastrutturate del mondo, usiamola. Dobbiamo raccogliere tutte le anime di Milano. Che poi sia un pensatoio o altro, va bene, purché non si sprechino risorse ed energie. Pochi, ma buoni. La regìa di tutto spetta, però, alle istituzioni: Comune, Governo e Regione. Ma bisogna decidere velocemente, il sito di Expo non deve morire fra le nebbie di un futuro incerto che ripeto, viste le energie messe in campo, non ci sarà». Il Padiglione Zero è quello più visitato. Ha messo d’accordo tutti. Se lo aspettava? «In fondo sì. Sin dall’inizio ho sempre detto di averlo pensato per i visitatori dai 6 ai 106 anni».  Tornando a Milano, secondo lei è cresciuta solo grazie ad Expo? «No, il cambiamento della città è iniziato prima e sinceramente me lo aspettavo sin da quando ero presidente della Triennale, anzi penso di aver contribuito al cambiamento. Ma è stato tutto un ciclo armonico. Quindi non sono preoccupato, non penso proprio che si possa tornare indietro, c’è uno “stile Milano’’ che è inconfondibile. Prima era grigia? Già, ma poi Milano si è innamorata, ha scoperto il lato più emozionale della sua natura. Ed ecco il miracolo Milano, con i suoi bei palazzi, la Galleria restaurata, il nuovo skyline e i musei, da quello del Novecento sino al Mudec e Prada. E poi c’è l’eredità immateriale di Expo, una rinnovata sensibilità sui temi ambientali e dell’alimentazione. Una nuova coscienza degli italiani». Dovremo scegliere il sindaco? Chi si aspetta? «Un uomo forte, sensibile, generoso, attento, che ascolti. E decida».