Giovani in fuga da Milano: boom di dimissioni e partenze per l'estero. Quali sono i motivi

Le cifre del fenomeno rivelano un quadro di insoddisfazione e difficoltà a costruirsi un progetto di vita. La distanza dalle altre capitali europee

Giovani in cerca di lavoro (Ansa)

Giovani in cerca di lavoro (Ansa)

Milano - Cervelli, braccia e talenti in fuga, via da Milano in cerca di stipendi dignitosi e opportunità di lavoro oltreconfine. Solo l’anno scorso tremila milanesi under 30 hanno preso un biglietto aereo solo andata e si sono trasferiti all’estero, aggiungendosi all’esercito formato da altri 80mila giovani che lavorano già da anni fuori dall’Italia. Un addio anche a condizioni di lavoro offerte a diplomati o neolaureati che allontanano Milano dalle altre capitali europee. Secondo gli ultimi dati Istat, sono 472.035 i giovani tra i 15 e i 30 anni residenti nella città metropolitana di Milano. Tra questi 185.264 hanno un impiego, facilitati in questo dal possesso di una laurea che interessa il 32,5% dei giovani lavoratori, accompagnati dal 52,7% di diplomati. Solo il 15% circa ha appena la licenza media.

La questione stipendi

"Cifre di gran lunga superiori alla media nazionale e che avvicinano Milano alle più importanti metropoli europee – spiega il segretario generale della Cgil di Milano, Massimo Bonini – Peccato che questo paragone col resto dell’Europa si fermi qui, dal momento che il reddito da lavoro mediamente percepito dai giovani si attesta sui 18mila euro lordi all’anno". Uno stipendio netto di poco più di mille euro al mese, insufficiente per vivere nella città con il costo della vita più alto in Italia, non solo per i lavori meno qualificati ma anche per le professioni intellettuali, per impiegati e “ingranaggi“ nella macchina dei servizi avanzati. A questo si aggiunge il precariato: oltre due terzi dei contratti a termine ha una durata inferiore ai 30 giorni, incompatibile con una vita stabile.

"Si spiega anche così la continua tendenza a cambiare ruolo e posizione professionale che, unitamente alla diffusa precarietà lavorativa, fa di questa popolazione un’area profondamente demotivata, sia professionalmente che economicamente", spiega Antonio Verona, responsabile del Dipartimento Mercato del lavoro della Cgil milanese che ha messo sotto la lente le condizioni dei giovani lavoratori.

Chi si dimette

La metà delle dimissioni volontarie nella Città metropolitana di Milano arriva da persone con meno di 34 anni. Hanno lasciato il lavoro nel primo semestre dell’anno scorso circa 51mila under 34, con un cambio vorticoso alla ricerca di migliori opportunità, stipendi dignitosi e anche stili di vita più sostenibili. E alle dimissioni si aggiungono 47.500 giovani che hanno perso il posto perché il loro contratto a termine è scaduto. La risposta è nella disillusione, con l’allargarsi dell’esercito degli oltre 50mila Neet a Milano, giovani che non studiano e non lavorano e sono mantenuti dalle famiglie. E anche nella fuga dall’Italia. Un esodo che si inserisce in un panorama di imprese alla ricerca di personale, visto che in Lombardia secondo gli ultimi dati della Camera di commercio ogni anno mancano all’appello 40mila diplomati o laureati per soddisfare le richieste.

Combinazione micidiale

"La popolazione giovanile di Milano non ha gli strumenti economici in grado di affrontare un progetto di vita – prosegue Bonini – e nemmeno di avvalersi della cittadinanza economica dal momento che è preclusa ogni possibilità di accesso al credito". Giovanni Colombo, studente di Scienze politiche e responsabile del network studentesco Rete della Conoscenza, traccia un quadro poco incoraggiante per chi, come lui, ha vent’anni a Milano. "Soprattutto per gli studenti fuorisede si alza una barriera – racconta –. Stipendi bassi, affitti e costo della vita rendono impossibile una vita autonoma, senza l’aiuto delle famiglie. Milano è diventata una città per pochi, quando invece servirebbero misure concrete sul problema della casa e sostegno per chi entra in un mercato del lavoro dalle condizioni poco dignitose".

 

 

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