
di Nicola Palma
"In Guinea le persone affette da epilessia sono discriminate e stigmatizzate perché percepite come vittime di stregoneria, ovvero la collettività pensa stiano scontando una punizione per il loro passato". Una condizione che influisce in maniera devastante sulla vita quotidiana: "Le conseguenze inevitabili sono l’isolamento e la stigmatizzazione, nonché l’impossibilità di ricevere cure adeguate che consentano di limitare gli effetti negativi della malattia". Per questi motivi, il Tribunale ha concesso lo status di rifugiato a un cittadino originario di una delle regioni più popolose dello Stato africano, consentendogli così di rimanere in Italia. Secondo quanto ricostruito nella sentenza resa nota dal sito meltingpot.org, l’uomo è approdato sulle coste siciliane il 24 ottobre 2016; qualche mese dopo, il 9 marzo 2017, ha presentato richiesta di protezione internazionale.
Sentito dalla Commissione territoriale, ha raccontato di essere scappato dal suo Paese perché "da quando aveva 9 anni aveva una malattia che non riusciva a curare e che lo faceva cadere all’improvviso (“Cado all’improvviso, sento il corpo rigido“); che le persone avevano paura dela sua malattia (“La gente aveva paura di essere contagiata dalla mia malattia... alcuni dicevano ai figli di non stare con me... alcuni dei miei amici mi abbandonavano quando succedeva“); che la sua famiglia non lo aveva aiutato a curare la malattia (“Quando cadevo, loro mi rovesciavano l’acqua addosso e mi mettevano il limone sotto il naso, ma non mi portavano in ospedale“)". Il richiedente asilo, assistito dall’avvocato Tiziana Perlini, ha prodotto cartelle cliniche e referti medici, prove di "una patologia cronica che richiede controlli ed esami periodici, nonché un monitoraggio costante della compliance alla terapia prescrittagli".
Elementi che il collegio presieduto dal giudice Pietro Caccialanza ha ritenuto sufficienti per concedere lo status di rifugiato al migrante guineano. Anche perché l’eventuale ritorno in patria lo metterebbe in pericolo: secondo uno studio effettuato nel 2019 su 132 persone visitate in un ospedale della capitale Conakry, il 71% degli intervistati si è affidato a un "guaritore tradizionale" per curare l’epilessia", mentre solo il 4% ha dichiarato di essere stato sottoposto a una risonanza magnetica cerebrale. Di conseguenza, c’è il serio rischio, a parere del Tribunale, che nel suo Paese l’uomo non possa accedere "ai servizi sanitari e assistenziali, al lavoro, a una vita dignitosa, nonché all’esercizio dei diritti civili e politici".