Luca Zorloni
Cronaca

Nucleare, caccia al cimitero d’Italia per tutti i rifiuti radioattivi

A Sogin il compito di stilare la cartina delle aree dove si potrà realizzare il deposito nazionale delle scorie nucleari, delle ex centrali e delle attività industriali

Nucleare

Milano, 8 novembre 2014 - In Italia è partita la caccia alla località che diventerà il cimitero dei rifiuti radioattivi del Belpaese. Sogin, la società controllata dal Tesoro e incaricata di smantellare le centrali nucleari nazionali, ci lavora da giugno, ma ieri per la prima volta il progetto è uscito dagli uffici tecnici per essere presentato ai sindaci durante l’assemblea annuale dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), in corso a Milano. Perché al termine del lungo iter burocratico che, se non ci saranno intoppi, si concluderà a settembre del prossimo anno, uno degli ottomila Comuni italiani è destinato a diventare la discarica delle scorie radioattive di tutto il Paese, passate e future. Nel sito confluiranno non solo i rifiuti delle centrali in corso di smantellamento – Caorso (Piacenza), Trino (Vercelli), Latina e Garigliano (Caserta) – ma anche quelli prodotti dai reparti di medicina nucleare, dall’industria e dai laboratori di ricerca.

Deposito nazionale e parco tecnologico è la definizione ufficiale dell’impianto, che consta sia dell’area di stoccaggio dei rifiuti, confinati dentro tre barriere e impilati in celle che assomigliano a una collina, sia di un centro di ricerca «che svilupperà attività pertinenti allo sviluppo sostenibile», spiega il presidente di Sogin, Giuseppe Zollino. L’investimento, di circa un miliardo e mezzo finanziato dalla voce A2 della bolletta elettrica, interesserà un’area di 150 ettari. Una parte di questi custodirà fino a 90mila metri quadri di scarti dell’attività atomica. Ci vorranno «quattro anni per costruire il tutto – spiega Zollino –. A iter completato, entro il 2024 il deposito sarà pronto».

L’incognita è trovare l’area. Entro il 4 gennaio 2015 Sogin deve mettere nero su bianco la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, una cartina dello Stivale con i siti che rispettano tutti i criteri stilati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Vietato costruire in zone vulcaniche, altamente sismiche, a rischio geologico o idraulico, sopra i 700 metri di altezza, con pendenza superiore al 10%, entro i 5 chilometri dalla costa o entro un chilometro da autostrade e ferrovie, lontano da fabbriche in direttiva Seveso o vicino a campi minerari e petroliferi. E ancora: contano fattori idrogeologici, caratteristiche chimiche dei terreni, la presenza di parchi nazionali, specie protette, monumenti, dighe o centrali elettriche. A una sommaria valutazione, la Pianura padana risponde a molti più requisiti di altre località. Tanto che a margine della presentazione circolavano i nomi di Lombardia e Piemonte. «Io ho vissuto tutti questi anni con la centrale, quando la costruivano e anche dopo. Le dirò, in paese c’è un benessere diffuso», commenta Mario Dotelli, assessore all’Ambiente di Caorso, dove c’è una delle quattro centrali nucleari da pensionare. Vi candidate per il deposito? «No, ci hanno detto che non possiamo. C’è il fiume vicino». A questo giro, avanti un altro.

luca.zorloni@ilgiorno.net

Twitter: @Luke_like