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Donna decapitata: "Mi avrai sulla coscienza". Le ultime parole di Antonella al trans che l'ha uccisa

La confessione del transessuale Kata: "Antonella diceva che dovevamo morire, mi faceva impazzire e iniziammo a picchiarci". Il racconto del vicino ai carabinieri, che individuano la finestra osservando la scia di sangue lasciata dalla testa lanciata dall'alto

Un carabiniere osserva la scena del crimine; in alto, il colonnello Biagio Storniolo

Milano, 6 luglio 2015 - Mentre quello stava per tagliarle la testa che poi avrebbe buttato dalla finestra, lei ebbe solo la forza di dirgli: «Mi avrai sulla coscienza...». Perché abbia ucciso e decapitato Antonella, «Katia» ora dice di non saperlo. Carlos Torres Velasaca in arte Katia, 21 anni, giovane trans equadoregno in carcere con l’accusa di omicidio volontario, la sua vittima - Antonietta Gisonna, per tutti Antonella, 53 anni - l’aveva conosciuta solo tre giorni prima, quando un cliente aveva preteso da lui un rapporto a tre portandolo nell’appartamento di quella donna di origini napoletane, in via Amadeo 33.

Ma poi quel sabato di tre settimane fa, Katia era rimasta lì a consumare coca portata da un altro amico. Fu quando quello se ne andò, che «io e Antonella iniziammo a litigare», ha raccontato il trans ai magistrati che l’hanno interrogato dopo l’arresto. «In effetti eravamo tutte e due fuori di testa per la cocaina e la birra che ci eravamo fatte. Antonella voleva che io restassi a casa sua, ed io volevo andare via perché parlava sola e urlava e mi faceva paura (...) perché diceva che vedeva dei morti in quanto veggente (...) Inoltre inizava a dire che o io o lei dovevamo morire (...) Ad un certo punto parlò di un quadro con due angeli che aveva in camera da letto e mi faceva impazzire. Allora io presi il quadro e lo buttai dalla finestra. Ci siamo picchiate anche con una scopa. Il litigio iniziava ad essere sempre più violento e lei prese un coltello dalla cucina per infilzarmi. Per difendermi io presi la lama afferrandola con le mie mani e siccome il coltello era difettoso, la lama si staccò dal manico che rimase in mano ad Antonella. A quel punto io, con la lama in mano, l’ho usata ma non ricordo come, forse ho colpito Antonella nel corpo o nella spalla». Forse. «Da questo punto non ricordo più niente per effetto della droga». Per sua sfortuna però, quella sera ci fu qualcuno che invece vide tutto, dalla sua finestra al quarto piano dello stabile adiacente a quello del delitto, a pochi metri in linea d’aria dalla stanza senza tende e con la luce accesa al secondo piano di via Amadeo 33, scala b, nella quale il massacro stava per compiersi. «C’era una donna supina e un’altra donna (il teste non sapeva trattarsi di un trans, ndr.) con addosso una canottiera arancione seduta sopra quest’ultima a cavalcioni. Quella supina - si legge nel verbale - gridava aiuto e si rivolgeva all’altra con frasi tipo “Katia fermati”. Poi la donna che stava sopra» ha colpito l’altra «per due volte all’altezza del torace sinistro con un coltello». L’aggredita disse solo: «Mi avrai sulla coscienza». «Ad un certo punto», continua il racconto del testimone alla finestra, chi aggrediva «ha avvicinato al collo della vittima il coltello che impugnava nella mano destra e ...».

Inorridito, il teste telefona per la seconda volta ai carabinieri chiedendo aiuto. Quando arrivano i militari, pochi minuti dopo, la scena è da film horror. «Giunti sul luogo - si legge nel provvedimento del magistrato - gli operanti sono entrati nel cortile dello stabile e subito si sono trovati dinnanzi alla macabra presenza di una testa umana mozzata, che giaceva per terra. Osservando la scia di sangue hanno individuato immediatamente la traiettoria verosimilmente seguita dal macabro reperto, che evidentemente era stato lanciato da una finestra (...) per poi rimbalzare su un bidone della spazzatura e finire sul pavimento del cortile». L’assassino in preda ai suoi deliri ancora era ancora nell’appartamento, ormai ridotto a scannatoio.