
"Marcella Contrafatto mi disse “ho questa pazza idea“, ossia di mandare i verbali ai giornali per ristabilire un ordine, nella sua ottica, dopo il voto contrario sulla permanenza di Davigo al Csm" . Lo ha spiegato ieri in aula a Brescia Giulia Befera, assistente giuridica dell’ex consigliere del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo imputato per il caso dei verbali di Piero Amara su una presunta loggia Ungheria. Befera, nel raccontare quanto le disse la collega, si riferisce a uno scambio di messaggi via telefono aggiungendo di aver risposto alla donna, indagata a Roma, "stai scherzando? Il consigliere Davigo non ne sarebbe felice. Io mi dissocio". Befera ha spiegato che "Davigo non era stato al corrente al 100% dell’iniziativa" della Contrafatto che lo lasciò "choccato". Divulgazione dei verbali - consegnati a Davigo dal pm milanese Paolo Storari, lamentando l’inerzia dei vertici della Procura meneghina con cui era in contrasto - finita al centro di un’inchiesta sfociata nel processo che si sta celebrando a Brescia.
L’ex componente del Csm ieri ha scelto di rilasciare dichiarazioni spontanee in aula, prendendo la parola per due volte. "I nostri rapporti personali sono finiti perché io non mi fidavo più di lui e non gli ho rivolto più la parola. Pensavo mi nascondesse qualcosa", ha detto riferendosi al consigliere uscente del Consiglio superiore della magistratura Sebastiano Ardita, indicato da Amara tra componenti della presunta e mai accertata Loggia, parte civile al processo in quanto ritiene di essere stato danneggiato dalla diffusione di quei verbali. Davigo ha ricordato che i contrasti con Ardita sono cominciati ben prima di aver saputo della vicenda Ungheria. Davigo ha spiegato al collegio presieduto dal giudice Roberto Spanò, che lo scontro con Ardita, allora compagno di corrente, sulla nomina del Procuratore di Roma, nel febbraio 2020, "è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso". In precedenza c’era stata una serie di episodi che "inizialmente pensavo fossero di natura caratteriale ma poi mi hanno preoccupato. Una somma di varie cose che mi ha fatto interrompere i rapporti. Non gli ho più rivolto la parola. Poi è arrivata loggia Ungheria...". Davigo ha spiegato che quando emergono le intercettazioni dell’hotel Champagne, diventate note col caso Palamara, "Ardita cade in uno stato di prostrazione, come se avesse da temere chissà che…mi dice che vuole dimettersi da consigliere".
Re.Mil.