Custodi di sala fatti passare per personale delle pulizie, addetti ai biglietti "inquadrati come portieri di condominio". Una giungla di contratti e stipendi che spesso non raggiungono la soglia dei mille euro al mese, somme "inutili per vivere a Milano". Il risultato è un esercito di precari, circa 5.000 secondo una stima della Uil Milano e Lombardia, che lavora nel settore della cultura sotto la Madonnina, in teatri, musei, biblioteche, istituzioni pubbliche e private. Un mondo messo sotto la lente anche dalla Procura di Milano, con l’indagine coordinata dal pm Paolo Storari che aveva portato all’amministrazione giudiziaria per la cooperativa Fema per stipendi al di sotto della soglia di povertà, con retribuzione netta di poco meno di 5 euro l’ora. Cooperativa che aveva come committenti i più importanti enti culturali a livello internazionale. Sono lavoratori che, denuncia il sindacato, "navigano in un far west di regole e contratti più disparati", con numeri che sfuggono alle statistiche ufficiali.
"Nonostante il nuovo appalto per le biglietterie dei musei del Comune – spiega Enrico Vizza, segretario generale della Uil Lombardia – i lavoratori continuano a fare i conti con paghe da fame, part time involontari e turni ballerini. Nei luoghi della cultura di Milano, dal Castello Sforzesco, al museo del Novecento fino al Piccolo Teatro, chi sorride e fa accoglienza spesso nasconde un lavoro precario e uno stipendio che a fine mese non basta mai: nella migliore delle ipotesi poco sopra i mille euro. Ma si tratta di una “fortuna” che spetta solo a chi fa 40 ore settimanali, la maggior parte si ferma a 30 ore o anche meno che tradotto vogliono dire 700, 800 o al massimo 900 euro al mese. Stipendi inutili per vivere a Milano".
Più volte i lavoratori del settore sono scesi in piazza, chiedendo un miglioramento delle condizioni, ma poco è cambiato, mentre Milano continua a macinare numeri da record sul turismo e i musei accolgono ogni giorno folle di visitatori. Guardando alla Lombardia, nelle varie province sono aperti 208 musei non statali riconosciuti, dai musei comunali a quelli gestiti da privati, enti o fondazioni. "Pur sapendo che il personale dei musei pubblici, gestiti dallo Stato, è reclutato attraverso concorsi nazionali – sottolinea Luca Fratantonio, segretario generale Uilcom Lombardia – il settore museale non statale, con una vasta rete di musei comunali, privati e gestiti da altri enti pubblici, presenta una maggiore flessibilità nei contratti. Si va da contratti a termine a contratti di collaborazione, con una varietà di regole e condizioni di lavoro". Fattori che comportano una "vera e propria difficoltà nel percorso professionale" e una "maggiore incertezza su ruoli e le prospettive di carriera". Problemi che riguardano soprattutto il mondo delle cooperative e delle società che gestiscono servizi in appalto, spesso assegnati con il meccanismo del massimo ribasso.
Si aggiungono poi, secondo il report della Uil, meccanismi che bypassano tutele solo apparenti e finiscono per penalizzare i lavoratori con contratti discontinui. In alcuni settori, chi lavora per almeno 51 giorni l’anno ha diritto alla disoccupazione ed eventualmente anche agli assegni familiari. Il fenomeno dei "cinquantunisti" rappresenta ormai oltre il 30% degli operai a tempo determinato, ma spesso "i datori di lavoro e le cooperative stanno sotto la soglia dei 51 giorni l’anno, non rinnovando i contratti, per evitare di concedere i benefici ai lavoratori e risparmiare facendo profitto".