I cugini milanesi che trasportano i profughi. "Abbracci e occhi lucidi ma nessuna lacrima"

I cugini Giberti hanno accompagnato sei profughi in Italia. "Siamo ammirati dalla loro dignità pur nella disperazione"

I profughi portati in Italia dai cugini Giberti

I profughi portati in Italia dai cugini Giberti

«La guerra è una follia . Ho negli occhi immagini che non dimenticherò mai: un papà che abbraccia il suo bambino neonato. Persone che in una valigia custodiscono tutto quello che resta della loro casa. La dignità immensa di chi, pur nella disperazione, rimane composto: ho visto tanti occhi lucidi ma nessuna lacrima". Domenico Giberti, 58 anni, è tornato a Milano la notte tra domenica e lunedì insieme al cugino Giancarlo, di 65. Missione compiuta: hanno accompagnato in Italia sei persone, mamme e bambini ucraini in fuga dalla guerra che erano ospitati provvisoriamente in un centro di accoglienza creato dentro un ex supermercato di Przemysl, cittadina della Polonia al confine con l’Ucraina, insieme ad altre migliaia di persone.

In attesa di un mezzo che li accompagnasse da parenti e conoscenti. I due cugini, ex tipografo ed ex consulente informatico in pensione, sono partiti venerdì all’alba da Milano con un van da 9 posti messo a disposizione dall’associazione Atlha di Cascina Bellaria, in zona Trenno.

"La nostra è una goccia nell’oceano ma siamo contenti di aver dato il nostro contributo – continua Domenico –. Abbiamo accompagnato una donna a Jesolo, vicino Venezia, una mamma e una figlia a Lazzate, in provincia di Monza e Brianza, e poi una nonna con la figlia e il nipotino di 7 anni a Milano, dove sono stati raggiunti dal padre che già viveva in Francia. Commovente assistere all’abbraccio tra padre e figlio". Il piccolino tocca con le mani il volto del papà, che lo bacia e sorride. "I passeggeri – spiega il cinquantottenne – ci sono stati affidati dalla Protezione Civile. Sapevano che saremmo arrivati a dare un aiuto". I due cugini hanno pure distribuito coperte e pupazzi.

Com’è stato il viaggio di ritorno? "È andato tutto bene. Per comunicare con i nostri ospiti, che parlano solo ucraino, scrivevamo le frasi sul telefono e poi usavamo un traduttore simultaneo. “Avete fame?“, “Avete freddo?“, e loro ci rispondevano dopo aver letto le parole sulla schermata luminosa del cellulare. A ognuno abbiamo fatto trovare sul sedile un pacchetto di mascherine e del gel disinfettante. Erano impauriti ma sapevano di potersi fidare di noi. Per tutto il viaggio non ci hanno chiesto nulla". I due cugini ringraziano tutti coloro che li hanno aiutati, contribuendo alla raccolta fondi per le spese di viaggio: su Gofundme, hanno raccolto oltre 1.600 euro.

 

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