
La croce di vetta sulla Cornagera, nella Bergamasca; in piccolo, Attilio Fontana
Stop alle croci installate sulle montagne – le cosiddette croci di vetta – simboli delle cime sparse per l’Italia e la Lombardia? I vertici del Club alpino italiano, il Cai, nella persona del presidente generale Antonio Montani, hanno precisato in tutta fretta che l’idea non è sul tavolo. E che neppure è condivisa dal club nella sua interezza, ma è solo una posizione personale dello scrittore Marco Albino Ferrari. La rapida marcia indietro non è servita, dato che soprattutto dall’area di centrodestra non si è fermata un’unanime levata di scudi a difesa delle croci, con annunci dai toni quasi bellicosi riguardo l’intenzione di allestirne altre.
Il presidente della Regione
Al “rosario” di commenti si è aggiunto anche il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, probabilmente la zona italiana con più croci di vetta, tetragono nell’unirsi al coro di bocciature per un “progetto” che – pare – è solo una voce dal sen fuggita.
"Dal Cai (Club alpino italiano), attraverso il suo presidente generale Antonio Montani, è arrivata formalmente la notizia/smentita che tutti auspicavamo” ha commentato Fontana. “Derubrichiamo dunque la personale e insensata ipotesi di un componente del Club come un'uscita improvvida – chiosa il governatore – dettata forse dai primi caldi. Le croci sulle montagne della Lombardia e dell'Italia intera non si toccano e continueranno a essere installate quando ve ne sarà occasione”.
L’assessore Francesca Caruso

Prima di Fontana, sempre dalla Regione, si era espressa l’assessore alla Cultura Francesca Caruso. “In quegli scenari mozzafiato, che costituiscono un patrimonio paesaggistico e naturalistico di straordinaria bellezza, le croci possono costituire per tutti, al di là del proprio credo religioso, un elemento culturale, e talvolta anche artistico, che si incontra lungo i propri cammini –ha detto Caruso, che ha allegato alla nota una sua foto in cima a una montagna, al fianco di una croce – Mi auguro che si possa approfondire la questione, instaurando un dialogo e ascoltando le voci di tutti. Sarebbe un errore compiere una scelta così netta magari per allinearsi a una ‘moda’ o ad alcune posizioni laiciste più estreme”.
La scintilla della polemica
L’ipotesi di mettere una pietra sopra sull’abitudine di installare croci sulle vette – e non, si badi bene, di smantellare quelle esistenti – era stata avanzata nel corso di un convegno sul tema organizzato dall’università Cattolica di Milano. Su Scarpone, il sito ufficiale del Cai, prima che si scatenasse la tempesta di critiche, aveva precisato – forse paventando la possibilità di polemiche – era apparso un commento con la posizione del club, almeno fino alle dichiarazioni del presidente Montani. “Il Cai guarda con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione”. Il presente, però, “caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali”, induce il Cai “a disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli sulle nostre montagne”.
Sarebbe interessante – era la chiusa del sito – “se, per una volta, il dibattito riuscisse a smarcarsi dalla logica del tifo per abbracciare il desiderio di ascoltare, comprendere e riflettere". Auspicio, purtroppo, rimasto un mero scenario ottimistico.