
Piero
Lotito
Conosciamo tutti il significato dell’espressione "cattedrali nel deserto", quel riferimento a opere imponenti in rovina perché inserite in luoghi sbagliati. Un modo di dire che ben rende l’idea, divenuto subito popolare anche con stupore del suo inventore, don Luigi Sturzo, che nel 1958 parlò appunto di "cattedrali nel deserto" per condannare la pratica di dislocare grandi e costose industrie in aree siciliane da lui ritenute inadatte. Nella politica e nel giornalismo, i modi di dire sono espedienti retorici, non c’è da meravigliarsi se nel loro linguaggio fioccano le cattedrali. Ma è sull’interpretazione del termine "deserto" che bisogna intendersi: quando troppo realistica, si rischia di cadere facilmente in errore. Se, mettiamo, dicessimo che l’ospedale San Raffaele di Milano è una cattedrale nel deserto, verremmo sicuramente presi a pomodori. Eppure, fu proprio nel circostante "deserto" urbano che una mattina dello scorso agosto venne violentata una giovane dipendente esterna della struttura mentre si dirigeva al lavoro.
La ragazza, 25 anni, aveva lasciato la stazione Gobba della metropolitana e aveva imboccato una scorciatoia che si snoda tra parcheggi e svincoli, viottoli nascosti dalle erbacce, bottiglie rotte e altra spazzatura. Qui, l’agguato. L’aggressore l’aveva trascinata in un canale di scarico. Aperto, accessibile. Ecco che cosa può essere il "deserto" perfino in una città densamente popolata e vissuta come Milano: il servizio sospeso della navetta di collegamento, il percorso troppo lungo dell’autobus, l’impossibilità di accedere a una via più sicura perché riservata a chi è in possesso del badge rilasciato dalla "cattedrale". Si materializza così, un "deserto": mica ci vogliono per forza le dune. E quante aggressioni, quante rapine, quanti soprusi maturano nei mille pezzetti di deserto che circondano le "cattedrali" metropolitane, che possono essere le nostre stesse case di periferia, i grattacieli, i luoghi di ritrovo, i grandi stabilimenti. Anche dismessi, come l’ex Montedison alla Bovisa, una "cattedrale" nelle cui vicinanze, tra baracche e sterpaglie, la sera d’un lontano, indimenticabile autunno fu stuprata e uccisa a 17 anni Mary D’Amelio.